Flavio Baldoni, gestore del Cinema Bristol di Savignano sul Panaro

Non sempre le acque sono motivo di divisione, così come non sempre i campanilismi sono presenti in tutti i territori. Siamo stati attratti dalla inconsueta presenza di un cinema multisala nel comune di Savignano sul Panaro, in provincia di Modena. Il cinema Bristol si trova proprio al di là di un ponte sul fiume Panaro, quasi all’ombra della Rocca Estense di Vignola.

Incontriamo Flavio Baldoni che, con la moglie Barbara, gestisce questa realtà ormai da una vita. È arrivato presto, come spesso accade, per sistemare al meglio ogni cosa prima dell’apertura.
Mentre aspettiamo che nell’ampio ingresso si accendano le luci, già cerchiamo qualche risposta alle nostre domande nelle locandine che fronteggiano l’ingresso.
Si presentano proposte cinematografiche che spaziano tra vari generi: da Me contro te – Missione Giungla, molto seguito dalle teenager, a Il primo giorno della mia vita di Paolo Genovese, ispirato ad atmosfere metafisiche ed esistenziali; da Grazie Ragazzi di Riccardo Milani, dal chiaro richiamo sociale, a Bussano alla porta diretto da M. Night Shyamalan il quale, in un contesto di genere, fa perno sulla vulnerabilità emozionale dell’umanità odierna.

L'ingresso del cinema

Flavio intuisce immediatamente come la singolarità del suo cinema abbia attirato la nostra attenzione, e ci fornisce ulteriori suggerimenti.

“L’offerta di più generi cinematografici è solo uno degli elementi che ci aiutano a tenere aperta un’attività che, almeno fino all’anno scorso, sembrava destinata a soccombere sotto il peso delle pay tv, dello streaming e del presunto comfort dei sistemi home cinema. Il nostro è un territorio un po’ particolare. Di fatto, nonostante sia piuttosto popoloso, ha mantenuto nel tempo una sua identità e coesione sociale. L’esistenza stessa di questa multisala viene molto apprezzata, e non sono pochi i frequentatori che arrivano qui anche da una certa distanza. Nell’epoca del grande boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta i cinema in zona erano decisamente più numerosi, ed è quasi sorprendente che sia sopravvissuto proprio il Bristol, nato in maniera quasi bizzarra.”

Gli chiedo di spiegarsi meglio.

“Il Cinema Bristol nasce quasi per caso negli anni Sessanta. Mio padre e suo fratello all’epoca si occupavano di attività di commercio e artigianato. Avevano deciso di comprare un grande capannone nel quale installare i macchinari per la produzione di cucine a gas smaltate. Durante le ricerche trovarono una struttura che poteva fare al caso loro, ma scoprirono presto che al suo interno erano in corso i lavori per l’allestimento di un nuovo cinema. Il futuro gestore riuscì a convincere i due fratelli ad entrare in società con lui ma, purtroppo, non riuscì a concludere i lavori, perché morì improvvisamente qualche tempo dopo. I due fratelli si ritrovarono così tra le mani un’attività della quale avevano ben poca conoscenza. Cosa potevano fare? Essendo l’opera di allestimento praticamente conclusa, decisero di tentare l’impresa.

Erano gli anni della grande popolarità delle sale, e i cinema erano sempre gremiti di spettatori. Per mio padre e mio zio. artigiani, abituati a lottare quotidianamente con banche, debitori insolventi, e fatture a novanta giorni, vedere frotte di persone in fila alla cassa col denaro in mano fu quasi sconvolgente. Il risultato fu che la loro precedente attività venne ceduta a terzi, ed il Cinema Bristol, da allora, non ha mai smesso di lavorare.

Io sono nato venti giorni dopo l’apertura della sala, perciò posso dire di essere parte integrante di questi ambienti. Già da ragazzino mi occupavo di molte faccende interne al cinema, e presto ho cominciato ad occuparmi anche di programmazione. C’è da dire che una volta era più facile scegliere i titoli. Il pubblico era meno influenzato dalle mode e dalle pubblicità lanciate dalle grandi case produttrici, ed aveva gusti decisamente più “onnivori”; forse è anche per questa ragione che frequentava più assiduamente i cinema.
Ciò non toglie che alcuni film, come ad esempio Avatar 2, hanno inconsapevolmente riavvicinato un parte del pubblico alle sale. Dopo la lunga fase depressiva dovuta alla pandemia c’era già stato un lento e timido recupero, ma è stato durante le ultime feste natalizie che si è assistito ad considerevole picco di presenze. Molte persone hanno riscoperto il piacere di uscire di casa in compagnia, alcune anche da sole, e all’interno delle sale hanno riscoperto il piacere della condivisione e della percezione del prossimo. Non è una cosa da poco.”

L’esistenza di un cinema multisala a conduzione famigliare nella provincia profonda è già di per sé un fatto unico e sorprendente. Com’è nata l’idea?

“Fino al 1997 c’era un’unica sala da 864 posti, ma era difficile riempirla, ed i costi complessivi per mantenerla erano piuttosto elevati. Rimpicciolire semplicemente la sala non avrebbe avuto senso, perciò si rese necessario aumentare in qualche modo l’offerta di titoli. Così l’ambiente venne frazionato e nacquero le tre sale attuali: quella verde da 140 poltrone; quella blu da 196 e quella rossa da 406.
I cinema monosala di provincia hanno difficoltà ad avere contratti con i fornitori ottimizzati sulle loro esigenze; questi ultimi, in genere, chiedono una cifra prestabilita, o la copertura del noleggio a seguito di un numero determinato di biglietti venduti. Noi, come multisala di provincia, abbiamo in qualche modo delle agevolazioni. In genere paghiamo fino un massimo che oscilla fra un 48 e un 53% sulla prima settimana di proiezione, per poi scendere intorno ad un 45-48% la settimana successiva ed un 40-45% sulla terza. Allo stesso modo, a scalare, lo stesso film passa dalla sala grande a quella più piccola. Così è possibile spalmare lo stesso film su differenti orari di proiezione e coprire un po’ le esigenze di tutti.
C’è da dire che le consuetudini degli italiani sono cambiate molto negli ultimi anni, soprattutto a seguito della pandemia. Si è persa molto l’abitudine di stare fuori fino a tardi. Forse in città le proiezioni delle 22:30 hanno ancora qualche motivo di esistere, ma in provincia ormai non le frequenta più nessuno. Abbiamo così spostato di un’ora indietro la programmazione classica, con orari che vanno dalle 16:30 alle 21:30.
Per avere tre sale confortevoli e ai passo coi tempi lo sforzo economico è stato notevole: abbiamo dovuto installare tre proiettori digitali, tre impianti audio dolby surround, impianti di sicurezza nuovi, ma lo sforzo è stato notevolmente ripagato. Oggi possiamo tranquillamente proporre giornalmente tre o quattro titoli, e la possibilità di poterne scegliere più di uno all’interno dello stesso complesso è largamente apprezzata.”

Più titoli che corrispondono spesso a più generi cinematografici.

“Ovviamente. Nei fine settimana e il lunedì (che sarebbe altrimenti una giornata morta), puntiamo su quei titoli che potrebbero essere di maggior richiamo. In questo modo riusciamo spesso a coprire gli interessi delle famiglie e degli over 30. Abbiamo un grosso buco con i ragazzi della fascia 16-25, che sono più che altro attratti dagli sfavillii dei multisala dei grandi centri urbani. In fin dei conti la cosa non ci sorprende più di tanto; da giovani assomigliavamo molto a loro, “scendere” in città era sempre una bella avventura.
Per le proiezioni di film d’essai, o comunque sia un po’ più ricercati, ci siamo ritagliati il martedì, il giovedì ed il venerdì. La scelta dei titoli non è delle più semplici, soprattutto qui in provincia. Il rischio è sempre quello di ritrovarsi la sala semi-deserta.
Personalmente sono un grande appassionato di cinema iraniano, ma potete ben capire che raramente posso proporre qualcosa che rientri in questo filone.”

Che spazio viene dato al genere documentario?

“Anche qui ci si deve muovere con le dovute cautele. A parte le grandi firme, e alcuni prodotti di spicco, il documentario ”puro” qui da noi è difficile da proporre. Negli ultimi anni è aumentata considerevolmente l’offerta dei cosiddetti docufilm, che riusciamo a far passare in sala più come film che come documentari. Uno degli ultimi è stato La pantera delle nevi di Vincent Munier e Marie Amiguet, molto apprezzato in sala e con un buon riscontro di pubblico.
Ovviamente proiettiamo anche filmati che riguardano autori e territori locali. In dicembre abbiamo proiettato La California di Cinzia Bomoll, nostra ospite in sala. Il titolo si ispira ad un luogo realmente esistente. Da ragazzi noi di Savignano, Vignola e dintorni ci recavamo spesso in questa località chiamata semplicemente “California”, per il solo gusto di poter dire di essere stati, in qualche modo, in America. Poi c’era chi si rubava il cartello d’inizio paese per portarselo a casa. Il nome venne modificato con “La California”, nella speranza che i furti cessassero, ma niente, continuavano a sparire i cartelli! Infine venne sostituto con “Casale California”, molto meno accattivante, e nessuno li ha più rubati. Conosco più di una persona che tiene un vecchio cartello in cantina o in tavernetta.
Un altro regista ad essere stato nostro ospite è il vignolese Gianni Zanasi, autore di Non pensarci. Prima che si trasferisse definitivamente a Roma anche lui ha presentando qui in sala alcuni suoi lavori. 

Insomma, cercare di differenziarci, anche ampliando la nostra offerta interna, è stato un modo per riuscire a superare questo periodo depressivo e di trasformazione sociale. Se penso che negli anni Ottanta per superare la crisi delle sale ci si riduceva a proiettare anche film pornografici, allora non ci possiamo davvero lamentare. E anche se sento spesso voci lamentose da parte di altri miei colleghi, ritengo che sia importante continuare a trasmettere un buon sano ottimismo ai nostri spettatori.”

Note:

Il racconto sulle piccole grandi storie di sale resilienti in Emilia-Romagna è iniziato con l’articolo Gli amici del Vittoria / emiliodoc n.1.