La rubrica Esercizi di scrittura del paesaggio emiliano-romagnolo, urbano e naturale: morfologie, mappe, antropologie e geografie emozionali , realizzata in collaborazione con l’associazione ScriptaBO.eu, invita gli scrittori che operano e vivono in Emilia-Romagna a scrivere per noi. In questo numero Rudi Ghedini ci racconta dei suoi viaggi alla scoperta del piccolo paese di Tresigallo, in provincia di Ferrara. 

Viaggiando nella bassa padana, se vi capita di sbagliare strada, può non essere così negativo. Lo so, si ha sempre fretta, la destinazione prevale sul percorso, sbagliare strada fa sentire stupidi (e non basta sfogarsi imprecando verso chi ha piazzato i cartelli), ma sopravvivono luoghi raggiungibili solo fuori dagli itinerari programmati. Luoghi strani, sospesi nello spazio e nel tempo.

A Tresigallo, la prima volta siamo arrivati per la reputazione di un ristorante, era appena finito il primo lockdown e lo trovammo chiuso.

La seconda volta, di ritorno dall’abbazia di Pomposa, avevamo voglia di un gelato. Parcheggio (facile). Passeggiata (breve). Ma il bar della piazza numero uno era chiuso e il bar della piazza numero due non aveva gelati. Nei pochi minuti di sosta, ho avvertito che quel luogo emanava qualcosa di insolito. Dall’auto, girando a caso, vedevo edifici dalla forma arrotondata e mi sono ripromesso di tornare. Infine, ecco un grande cartello invitante: “Sempre Aperto”… Se a Tresigallo un locale pubblico è sempre aperto, lo gestiscono i cinesi: fu quello il pensiero. Infatti: ecco due giovani cinesi, gentilissimi, in un bar enorme e deserto. Gelato mediocre, resterà l’unica delusione che quella località ci abbia riservato.

Ci siamo tornati tre volte, in stagioni diverse (d’estate no, fa troppo caldo), e su Tresigallo, nel frattempo, avevo letto qualcosa, ma solo nell’ultima occasione ho sperimentato ciò che consiglio a chi legge: seguire il percorso dettato dall’audioguida in podcast, attivabile in venti punti diversi della cittadina.

Entrando nelle pieghe di Tresigallo, si sfiora la sensazione di tornare agli anni Trenta del secolo scorso. Atmosfera metafisica. Chi sa di pittura, penserà ai quadri di Giorgio de Chirico. Chi sa di architettura e urbanistica, troverà esempi del “razionalismo” tanto in voga sotto il regime fascista. Lo stile di molti edifici, quelli dalla forma arrotondata a suo tempo intravisti, si sovrappone al disegno di strade e piazze, è l’audioguida che te lo fa cogliere. Non fate l’errore di arrivarci per caso, al cimitero.

Era il 6 maggio 1884, quando nasceva a Tresigallo la personalità che vi ha lasciato l’impronta più profonda. Risponde al nome di Edmondo Rossoni. Socialista nell’adolescenza, nella Grande Guerra divenne giornalista, poi aderì ai Fasci di combattimento. Dal 1922, appartenne alla loggia massonica Gerolamo Savonarola di Ferrara. Nel partito di Mussolini, Rossoni fu fra quelli che, a fondamento dello Stato corporativo, propugnavano la fusione dei sindacati dei lavoratori e delle associazioni degli imprenditori. Scalò la gerarchia del PNF. Nel settembre 1930, Rossoni venne nominato membro del Gran Consiglio e, dal 1935 al 1939, ricoprì la carica di Ministro dell’Agricoltura e Foreste. Avere un tresigallese al vertice di un ministero così importante, fece sì che quella lontana, marginale cittadina padana divenisse oggetto di un progetto ambizioso. Che è poi il motivo per cui vale la pena andare a vedere cosa ne rimane.

Nei primi anni Trenta, il borgo era una frazione del Comune di Formignana e ospitava poche centinaia di abitanti. Nelle intenzioni, la nuova Tresigallo doveva concretizzare l’idea della “città corporativa”, modello da replicare su scala nazionale. Fu ridisegnata per accogliere 12.000 persone ed essere autosufficiente. Non si conosce il numero massimo di abitanti (almeno diecimila); nel primo censimento dell’Italia repubblicana (1951) ne contava 7.392, ora wikipedia riporta la cifra di 4.397.

Parcheggiata l’auto, è probabile che il primo edificio che attirerà la vostra attenzione stia in via del Lavoro, intonacato d’azzurro, con in cima una scritta a lettere maiuscole: “SOGNI”. Alle sue spalle, un cilindro arancione, la Torre piezometrica, che serviva a regolare la pressione dell’acqua potabile all’interno delle condutture idrauliche. Negli anni Trenta, l’edificio azzurro ospitava i bagni pubblici. Restaurato dal Comune, è sede di mostre, convegni ed eventi culturali.

La parte più antica di Tresigallo sta lì vicino, è un borghetto nascosto, fatto di edifici simili, di due piani, precedenti la rifondazione voluta da Rossoni. I possidenti locali li affittavano ai braccianti agricoli; le finestre sono piccole, per mantenere all’interno il calore prodotto da chi ci abitava (persone e animali da cortile). Dopo il borghetto, cominciano le case costruite dal fascismo: più alte e comode, con acqua corrente, energia elettrica, riscaldamento a termosifoni, servizi igienici interni. Si arriva a quello che oggi è il piazzale delle Scienze.

Un supermercato ha preso il posto del principale edificio industriale degli anni Trenta: la SADA (Società Anonima Distillerie Agricole) produceva alcool e zucchero.

A destra e a sinistra scorre via del Mare. Non fatevi illusioni, il mare dista 35 chilometri, intendendo il Lido di Volano, il più vicino in linea d’aria. Sono terre basse, prossime alle paludi del Delta del Po, storicamente segnate da analfabetizzazione, povertà e campagne di bonifica.

Vicino al piazzale delle Scienze, si trovano i resti di un mulino elettrico, utilizzato per la macinazione dei cereali. Non c’è più il canale a cielo aperto che serviva la distilleria e lo stabilimento per lavorare la canapa.

Molte attività industriali ruotavano intorno alla valorizzazione della canapa sativa, sostanza fondamentale per l’economia autarchica imposta dal regime. L’Italia fascista divenne il secondo produttore mondiale per quantità dopo la Russia, e il primo per qualità; la provincia di Ferrara costituì il comprensorio produttivo più rilevante, valorizzando la canapa al posto delle materie prime che non potevano essere importate dall’estero.

Piazza della Repubblica – un tempo denominata Piazza della Rivoluzione – fu concepita come il più grande spazio pubblico della nuova città. Le sue dimensioni appaiono sproporzionate rispetto all’abitato, lo stile razionalista detta l’estetica e la funzionalità del luogo. La piazza è a ferro di cavallo, incorniciata da porticati, sotto ai quali funzionavano i negozi.

A nord della piazza i lati rettilinei, a sud quelli curvilinei: la forma ricorda un teatro romano. Sappiamo quanto al fascismo piacesse identificarsi con quei nostri antenati.

Al centro, resta una grande fontana, la metafisica si ripresenta enfaticamente con quattro sculture in bronzo. Quali animali vi paiono più adatti a una piazza nella bassa ferrarese? Esatto: antilopi o gazzelle… Estetica coerente con la politica: per definirsi “impero” e potersi fregiare di conquiste coloniali, l’Italia fascista inviò truppe in Africa a sterminare indigeni.

Sulla piazza, spicca un edificio più basso e senza finestre: contiene il palcoscenico del teatro cittadino. Ponendo una fonte sonora davanti al porticato, si ottiene un’ottima diffusione sonora: Rossoni era appassionato di musica, insieme a Libero Bovio scrisse il testo del Canto del Lavoro, su note di Pietro Mascagni.

Lungo via del Mare compare uno degli ultimi edifici pubblici costruiti negli anni Trenta, la grande colonia dedicata alla cura e alla riabilitazione dei tubercolotici. Sul rotondo piazzale Forlanini, si affacciano edifici variamente spettacolari: in particolare, l’arco di trionfo che fa da entrata al campo sportivo e la non meno imponente, simmetrica facciata delle scuole elementari, dipinta con una tenue tonalità di verde. Non so in quale categoria giochi la locale quadra di calcio, ma non dubito che gli avversari del Tresigallo saranno almeno un po’ impressionati dall’accoglienza.

Lasciando a destra le scuole elementari, si imbocca viale Giuseppe Verdi. È qui che si trovano gli edifici razionalisti meglio conservati. Tipica struttura: due corpi cilindrici laterali e un parallelepipedo centrale. Fra tutti, spicca la Domus Tua, all’epoca albergo di lusso, meta di industriali, benestanti e autorità del regime. Dall’estate del ’43, dopo l’armistizio, l’albergo divenne sede del comando tedesco (oggi è una Casa di Riposo).

Poco più avanti, un imponente edificio di colore arancione, la “Casa del Ricamo” (scuola di cucito e ricamo per ragazze madri); sul lato opposto, l’Opera Nazionale Maternità e Infanzia.

Di alberghi, a Tresigallo, ce n’era un altro, poco distante: l’Albergo Italia ospitava i dipendenti che gravitavano attorno al mondo dell’edilizia e dell’industria.

Di fronte all’Albergo Italia, riemerge il fantasma di Giorgio de Chirico, grazie a un lungo colonnato bianco, con suggestiva successione di archi (l’audioguida si scusa: il colonnato è stato deturpato da certi restauri). Sul cornicione, piccoli bassorilievi celebrano i gesti della cultura agricola: pigiatura dell’uva, raccolta della frutta, trebbiatura del granturco…

Viale Roma è un’altra strada che appare sproporzionata, fin troppo larga per le poche auto, con i controviali “parigini” destinati alle passeggiate; vi si affacciano la svettante Casa del Fascio, sede del PNF, e il Bar Roma: sul lato opposto, il Teatro ‘900, tuttora attivo. Pare che al Ministro Rossoni piacesse portare a Tresigallo opere liriche di livello nazionale.

Adottando il modello della città romana, viale Roma va considerato il Decumano massimo, tagliato dal Cardo, che univa la grande distilleria al cimitero, attraverso la piazza con la fontana delle antilopi. Come fotografo, ho molti limiti, e non dispongo di grandangolari adeguati, per cui non sono riuscito a scattare una sola foto che catturi l’enormità della facciata del cimitero.

All’entrata, due bassorilievi asimmetrici, la Madonna con in braccio Gesù. In bella vista, la tomba della famiglia Rossoni (Edmondo compreso). Non daresti molta importanza a una scultura a forma di angelo (autore Enzo Nenci), sulla facciata della cappella cimiteriale, se non fosse che, per qualche miracolo ottico, l’angelo resta visibile a centinaia di metri di distanza.

Rientrati su viale Roma, la passeggiata può concludersi sulla Casa della Cultura.

Era la Casa del Balilla, luogo deputato alla formazione e indottrinamento della gioventù fascista. La sala principale faceva da palestra, accoglieva anche una scuola di musica e la sala-prove della banda. Oggi contiene la biblioteca comunale.

Al termine del Gran Consiglio del fascismo del 24-25 luglio 1943, Benito Mussolini venne destituito. Anche Rossoni votò a favore dell’ordine del giorno, e ciò gli costò la condanna a morte in contumacia. Poté nascondersi in Vaticano, poi dai Salesiani romani; un abate lo accompagnò, travestito in abito ecclesiastico, all’aeroporto di Ciampino, e Rossoni fuggì in Canada, dove rimase fino all’amnistia. Rientrato a Roma, vi morì l’8 giugno 1965.

Nel secondo dopoguerra, perduto il senso dell’autarchia, molte fabbriche tresigallesi vennero riconvertite, e la cittadina beneficiò di un certo benessere fino agli anni Novanta. Poi, molti abitanti sono migrati altrove.

Non è che abbia tutta questa voglia di favorire la trasformazione di Tresigallo da sconosciuto luogo metafisico ad affollata meta del turismo di massa. Sono indeciso sul fornirvi precise indicazioni geografiche e stradali per arrivarci. In ogni caso, è meglio gironzolare a caso, assecondando le rare frecce blu poste su strade secondarie. Sta 23 chilometri a Est di Ferrara, 75 km a Nord/Est di Bologna, fra paesi dai nomi musicali: Masi Torello, Jolanda di Savoia, Copparo, Migliarino, Ostellato, Voghiera, Massa Fiscaglia. Se vi accadesse di arrivare a Tresigallo da Cocomaro o da Focomorto, non dubito che racconterete l’avventura ad amici e parenti.

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Nota:

Tutte le foto di questo articolo sono di Rudi Ghedini