Negli anni della Seconda Guerra Mondiale, Mons. Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, si prodiga per salvare migliaia di ebrei in fuga dal nazismo. Ai tempi rappresentante della comunità cattolica in Turchia, utilizzerà ogni mezzo e modalità a disposizione, coinvolgendo con la sua proverbiale bontà uomini di provenienze diverse e fazioni opposte.
Di questa storia inedita tratta “L’ultimo degli U-boot e l’Angelo di Istanbul” di Vincenzo Pergolizzi, documentarista, docente di lettere, giornalista, e fondatore di Gàlata Produzioni Culturali.
Il regista Vincenzo Pergolizzi nel suo studio a Bologna
Qual è stata l’ispirazione che ti ha portato a scegliere di raccontare questa storia inedita?

L’idea di fare un lavoro su Angelo Roncalli e sul suo decennio in Turchia durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale ha un’origine antica, in quanto ho sempre avuto a cuore questo tema. Ricordo bene come mia nonna reagì alla morte di Giovanni XXIII, con me bambino sulle sue gambe mentre guardavo questa donna forte e stoica piangere accoratamente.
Inoltre, per uno strano destino, mi sono ritrovato ad insegnare per sette anni ad Istanbul, in una scuola che era un incontro tra culture, in particolare quella italiana e quella turca. Questa esperienza mi ha ricollegato facilmente ad Angelo Roncalli, il quale per dieci anni aveva vissuto in un mosaico di etnie e di culture, e mi ha permesso di riprendere con rinnovato entusiasmo le mie ricerche e la lettura dei suoi scritti.
Avendo già un forte interesse verso questa personalità, l’occasione decisiva di svolgere un progetto legato proprio a Roncalli mi si è presentata con la scoperta di un blog che trattava della storia inedita dei suoi aiuti agli ebrei, i cosiddetti “sommergibili”, costretti a vivere nascosti per sfuggire alle persecuzioni.

È un po’ una tendenza dei documentaristi emiliani quella di dedicarsi alla memoria, non pensi?

Assolutamente. Io individuo come una delle radici di questa tendenza la particolare sensibilità dei documentaristi emiliani nell’essere coscienza del proprio tempo, una sorta di antiquari del domani. Inoltre, si tende a raccontare storie proprio del periodo della Seconda Guerra Mondiale, motivo per cui molti documentaristi, tra cui miei cari amici, sono stati in grado di sottrarre alla dimenticanza storie importanti di eroismi e di sacrifici di persone che altrimenti sarebbero rimaste quasi sconosciute. Grazie a questi lavori è possibile ricostruire il contesto storico di quel periodo, tramandando e narrando le grandi difficoltà vissute all’epoca dagli oppositori al fascismo e al nazismo.

Fortunatamente questa tendenza è sostenuta da diversi progetti della Regione Emilia-Romagna, in quanto regione che tende a non insabbiare le proprie memorie e quindi a non ostacolare progetti di questo tipo.

Roncalli con rappresentanti di altre congregazioni e con prelati ortodossi in Bulgaria.

Papa Giovanni XXIII riusciva persino ad entrare nei cuori di non credenti e fedeli appartenenti ad altre religioni. Cosa permetteva a Roncalli di avvicinarsi anche a prospettive e mondi così diversi?

Studiando Roncalli emergono subito gli episodi in cui ha aiutato non solo gli ebrei, ma gli ultimi in generale. È proprio il suo mettersi a disposizione dei meno fortunati che ci permette di comprendere meglio questa personalità così complessa, incentrata su un profondo amore verso Dio ma anche e soprattutto verso l’umanità intera. Fu prima del suo breve pontificato di cinque anni che Roncalli, nel ruolo di vescovo, ebbe l’opportunità di agire concretamente nell’aiuto agli ebrei, i quali si rivolgevano a lui giorno e notte per situazioni di emergenza. Erano sicuri di trovare nella sua figura un supporto.

Di Roncalli si è sempre parlato come del pontefice con un particolare e ammirevole modo di relazionarsi al prossimo, ma si sa poco o niente della sua precedente attività segreta a supporto di persone non cattoliche in estrema difficoltà.
Era come se Roncalli trascendesse il suo ruolo di vescovo, proprio nel comunicare un messaggio rivolto al mondo, sia a credenti che a non credenti, e soprattutto non solamente alla Cristianità. Cercava infatti ciò che poteva unire, e proprio per questo si ritrova la sua immagine anche nelle case dei vecchi militanti del Partito Comunista, così come viene ancora ammirato e ricordato nelle comunità ebraiche e ortodosse turche.
Il suo metodo era quello di seguire il segno dei tempi, e così facendo, anticiparli.

Roncalli ha anche rischiato personalmente nei suoi sforzi di aiuti agli ebrei.

Un suo segretario laico di nome Bresciani nelle sue memorie personali parlò proprio degli aiuti agli ebrei che attuò su ordine di Roncalli, ma al momento del processo di beatificazione di quest’ultimo egli sostenne di non saperne nulla. Questa è solo la punta dell’iceberg per quanto riguarda la segretezza che circonda l’argomento.
Quando Roncalli decise di aiutare queste persone tentò con ogni mezzo disponibile, lecito o illecito, di strappare dalla tragedia quanti più ebrei possibili.
Nonostante fu poi dichiarato da un altro suo segretario e dall’ambasciatore tedesco in Turchia, Franz Von Papen, che il numero di ebrei salvati da Roncalli si aggirava sui 30.000, il fatto venne ignorato o negato in varie occasioni.
Questo avveniva proprio perché Roncalli utilizzò delle modalità ritenute illecite, come la falsificazione di documenti di battesimo per permettere agli ebrei di spostarsi liberamente, sfuggendo alla deportazione.

Egli agì strenuamente, anche a distanza, scrivendo al Vaticano per sollecitare interventi o per risolvere problematiche, spogliandosi dell’istituzionalità del proprio ruolo nel nome di una causa più alta.
Per lui non vi erano differenze nelle persone che si attivava ad aiutare, tanto che fu in grado di salvare anche tedeschi e austriaci dalla deportazione nei campi di internamento in Anatolia, nel momento in cui la Turchia entrò in guerra, e visitò prigionieri di guerra tedeschi in Francia.
Insomma, la sua attenzione era sempre rivolta agli ultimi.

Il documentario a tuo parere è uno strumento adatto per preservare la memoria?

Io ritengo che il documentario sia una delle forme più intense per raccontare e tramandare queste storie, che altrimenti correrebbero il rischio di essere dimenticate.
Si tratta di un crocevia di diversi linguaggi: quello mimico, nel modo di muoversi e raccontare, quello verbale e sonoro, ma anche quello musicale, che si adatta alla narrazione.
Risulta il mezzo più ricco ed utile nello svelare un contesto storico o un tipo di personalità, come avviene con la storia inedita di Roncalli. È come una sorta di porta che apre la strada ad approfondimenti e rielaborazioni.
Fondamentale è anche la rete che si tesse tra i documentaristi del territorio, nel mio caso l’Emilia-Romagna, ed altri artisti, nonché con la regione stessa. Queste occasioni di feedback alimentano la creatività e le possibilità pratiche degli artisti, permettendo lo sviluppo e la diffusione di narrazioni legate alla memoria.

Che sfide ha incontrato Gàlata in quanto piccola impresa individuale, soprattutto per quanto riguarda la produzione?

Gàlata produzioni, così come tante delle imprese di documentaristi emiliano romagnoli, può essere definita una piccola impresa individuale, che in quanto tale è stata in grado di dare vita a questo progetto a partire da un piccolo fondo ottenuto tramite l’assegnazione di un bando.
Fondamentale per la diffusione di questo documentario sono anche gli incontri con personalità provenienti da vari paesi di interesse, come per esempio ambasciatori o uomini di fede turchi, i quali contribuiscono a portare versioni di questo lavoro in paesi come la Turchia stessa.
A mio parere non devono inoltre essere sottovalutate le potenzialità di forme di finanziamento quali il crowdfunding, ma anche l’utilizzo delle nuove piattaforme, anche di portata europea. Queste ultime in particolare permettono ad un documentarista di conservare il proprio lavoro garantendo la possibilità di un’attenzione periodica su questa tipologia di storia. Sono convinto, infatti, che proprio nell’ottica di lungimiranza legata al tema della memoria, le piattaforme aprano nuove prospettive a storie di questo tipo, lontane dal mondo dei grandi interessi commerciali. Non a caso nei nuovi bandi europei per l’audiovisivo la possibilità per un progetto di essere inserito in almeno due piattaforme europee viene considerato alla stregua dell’aver venduto a due broadcaster.

Incontro con il Feld Maresciallo Guglielmo List, comandante delle truppe di occupazione naziste in Grecia, al quale Roncalli chiederà aiuti per la popolazione locale, riuscendo ad evitare l'esecuzione capitale per alcuni greci condannati a morte.
Il dr. Fritz Rubin-Bittmann racconta degli aiuti alimentari ricevuti a Vienna da mons. Angelo Roncalli,vescovo a Istanbul (1935-44).

Hai coinvolto nel tuo progetto anche giovani tirocinanti dell’Università di Bologna. Che consigli dai per avvicinarsi a questo complesso contesto lavorativo?

Questa primissima esperienza di lavoro con tirocinanti è chiaramente impegnativa ma ha avuto un impatto estremamente positivo, in quanto mi ha permesso in un certo senso di ascoltare i segni dei tempi, come diceva Roncalli. Ascoltare le intuizioni di questi giovani, rispetto a tutti gli stimoli che vengono loro dati, dà un nuovo apporto al lavoro.
Mi rendo conto quanto d’altro canto sia importante trasmettere loro un certo realismo, in particolare per quanto riguarda il lato della realizzazione di un documentario. Non bisogna infatti scordare che gran parte delle energie viene spesa prima di tutto nella ricerca di fondi.
Certo, la parte creativa è fondamentale, ma la ricerca di fondi tramite bandi costituisce la base per la creazione di un progetto artistico di questo tipo. Si tratta di un processo che talvolta può risultare prolisso o demotivante, ma che in realtà apre all’artista la possibilità di lavorare creativamente ed indipendentemente, libero dai limiti legati a sponsor privati.

Il tuo documentario è stato promosso in varie città italiane e proiettato anche ad Istanbul. A quando le prossime proiezioni?

Innanzitutto, le proiezioni sono gratuite per tutte le scuole che vorranno richiederle. Le proiezioni nelle scuole, come quella tenutasi all’Istituto Aldini Valeriani, sono per me ottime occasioni di dibattito e approfondimento.
In seguito alla proiezione di Istanbul a marzo e a un’altra a Bergamo, ci sarà una prossima proiezione all’Università di Chieti. Inoltre, il 3 giugno ricorrerà il sessantesimo anniversario dalla morte di Papa Roncalli e per questa data stiamo preparando un calendario di proiezioni ad hoc.

Anita Campaner racconta dei tanti treni pieni di bambini ebrei fatti partire da Mons. Roncalli per la Palestina.
Angelo Roncalli appena nominato Nunzio apostolico a Parigi.

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In copertina: Roncalli ritratto in una passeggiata nell’isola greca di Buyukada, una delle quattro “isole dei Principi”, di fronte a Istanbul, dove il vescovo bergamasco amava ritirarsi per scrivere.