Protagonist* / i montatori 2
Interviste doppie a protagonist* del mondo del documentario in Emilia-Romagna: i montatori
Fabio Bianchini e Corrado Iuvara raccontano della loro esperienza come montatori, della loro formazione e del loro percorso artistico.
Qual è la tua formazione? Ci puoi dire qualcosa su come hai iniziato?
Fabio: Io vengo dal “mestieraccio”: ho iniziato con le televendite delle tv private, ho fatto parte di centinaia di troupes ENG con il cineflash in una mano, il microfono nell’altra, una cintura di batterie e il registratore BVU in spalla. Poi sono stato diversi anni a Roma, dove ho montato alcuni dei principali programmi della Raitre di Guglielmi: Chi l’ha visto?, Fuori Orario, Geo, Ultimo minuto. In quei programmi riconosco le radici del montatore che sono ancora adesso, la capacità di utilizzare immagini di archivio e di girato proveniente dalla realtà e di dare loro una forma narrativa in montaggio. In quel periodo ho potuto sperimentare Avid tra i primi in Italia e mi sono “innamorato” anche del montaggio delle tracce sonore, che credo sia ancora oggi parte della mia calligrafia. Con questa formazione ero come destinato a montare documentari ma non ci sono arrivato subito, ho montato film a soggetto, tre o quattro lungometraggi e diversi cortometraggi, uno di questi ha vinto anche il David di Donatello, un altro era l’opera prima di Roberto De Feo, che poi ha dato vita alla Premiere film. Ma anche come lettore e come spettatore di film ho sempre privilegiato storie reali o ispirate a fatti reali. Quindi man mano il documentario ha preso il sopravvento. In quel tipo di film mi sento “a casa”.
Corrado: Sono un bolognese d’adozione da ormai 18 anni. Sono cresciuto in Sicilia e mi sono trasferito subito dopo il liceo per studiare Cinema al DAMS. Ho lavorato contemporaneamente per un po’ di anni come operatore video, principalmente per eventi teatrali. Durante i miei anni di studio si è presentata l’occasione di poter partecipare ad un corso di formazione sul montaggio, organizzato dalla Cineteca di Bologna e ideato da Giuseppe Bertolucci, sotto la guida di Paolo Cottignola. Lì ho capito che quella doveva essere la mia strada. Subito dopo ho cominciato a lavorare come assistente al montaggio di Paolo Marzoni e piano piano ho iniziato a dedicarmi a cortometraggi, lungometraggi e documentari.


Dal tuo punto di vista, quali sono i principali punti di forza e di debolezza della produzione audiovisiva nella nostra regione?
Fabio: Non sono un produttore, quindi ti posso rispondere solo da osservatore coinvolto che penzola in fondo alla catena della produzione. La legge sull’audiovisivo e la cadenza regolare dei bandi di sostegno hanno dato un grosso impulso alla produzione. In regione ci sono aziende che hanno saputo cogliere questa occasione per proiettarsi in un panorama nazionale e internazionale, e altre che hanno potuto continuare a produrre nonostante le difficoltà che tutti conosciamo. Tutti abbiamo goduto di questa situazione anche se mi sembra che la post produzione stia facendo un po’ la parte della cenerentola. Questo perché non attrae grandi numeri di persone sul territorio come le produzioni nazionali e internazionali, le quali, tra l’altro, non rappresentano quasi mai vere occasioni di lavoro perché postproducono quasi sempre a casa loro i film girati in Emilia-Romagna Però, nonostante si sia goduto solo di riflesso di questi ottimi risultati del bando, qui si sono concentrate e formate alcune eccellenze della post-produzione che potrebbero crescere molto, se sostenute e promosse maggiormente.
Corrado: L’Emilia-Romagna e Bologna in particolare sono note per essere un centro creativo e di produzione culturale per le realtà indipendenti. È questo il contesto in cui inizialmente mi sono formato. Da qualche anno, soprattutto grazie alla Film Commission, siamo però diventati un polo produttivo al pari di regioni che hanno creduto nel cinema molto prima di noi. Attraverso anche numerosi corsi di formazione e scuole di cinema si sono formate figure professionali specializzate che sono perfettamente in grado di lavorare con produzioni nazionali ed internazionali.


Lavori prevalentemente con società emiliano-romagnole o anche con società nazionali ed estere? Come cambia il tuo lavoro nei due casi?
Fabio: Solo negli ultimi anni mi è capitato di lavorare con società emiliano romagnole un po’ più frequentemente, cosa che mi ha fatto molto piacere, altrimenti ho lavorato principalmente con produzioni nazionali e, qualche volta, anche internazionali. In realtà il lavoro si differenzia soprattutto per tipologia e per la distribuzione… Più che altro bisogna rispettare un calendario delle fasi di avanzamento del montaggio per ottimizzare le occasioni di incontro sia online che, soprattutto, in presenza, visto che per la produzione rappresentano un costo. Questa attenzione è richiesta ancora di più nelle produzioni internazionali in cui, spesso, si lavora in inglese, o con sottotitoli in inglese, come mi è capitato in The observer, che era parlato in cinese. A parte questo film, ho lavorato in produzioni internazionali principalmente per la TV.
Corrado: Sono molte le società della regione con cui lavoro, ma da qualche anno realizzo diversi montaggi anche per registi e case di produzione fuori regione. Per chi lavora in post-produzione è sempre difficile sradicare il sistema romano-centrico, ma negli ultimi anni, soprattutto quelli post-covid, il lavoro in remoto è diventato quasi una consuetudine. Attraverso sistemi di streaming si abbattono le distanze ed è possibile montare in tempo reale anche in luoghi diversi. Nel 2022 ho montato un’intera serie TV di 4 puntate senza aver mai incontrato il regista, che vive invece a Roma, se non dopo la fine del lavoro. Ovviamente, potendo scegliere, preferisco sempre la presenza fisica.


Ci puoi fare alcuni esempi di documentari e altri progetti interessanti a cui hai lavorato, sia regionali che non
Fabio: Ti racconto un aneddoto: quando montavo Una nobile rivoluzione, la biografia di Marcella Di Folco di Simone Cangelosi, l’argomento transizione di genere era diventato così centrale nella mia vita che una sera mio figlio mi ha chiesto se avevo intenzione di cambiare sesso. Quindi mi fai una domanda difficile, perché per me tutti i lavori hanno avuto qualcosa di interessante, sono stati tutti come dei viaggi in cui mi sono perso. Ci sono stati lavori di cui ho percepito l’importanza per un pubblico vasto, visti i temi trattati. Penso a La rabbia di Pasolini, che ha significato anche lavorare con Giuseppe Bertolucci su una sceneggiatura, addirittura, di P.P.P., Le vie dei farmaci di Mellara e Rossi, The observer di Rita Andreetti, che mi ha dato modo di conoscere alcuni aspetti della storia della Cina maoista che sono materia di specialisti, o Italicus verità negata di Enza Negroni realizzato insieme alle studentesse e agli studenti del Corso Doc del Liceo Laura Bassi. Sono stati molto importanti per me, e non solo per me, anche i due documentari ambientati sulle mie montagne marchigiane distrutte dal terremoto, La primavera tarda ad arrivare scritto con Alessandro Stevanon per la TV svizzera italiana, e Vulnerabile Bellezza di Manuele Mandolesi, vincitore dei Globi d’Oro 2020. Poi ci sono i lavori recenti, di cui mantengo un ricordo ancora fresco come dei viaggi appena conclusi: Gilles Villeneuve l’aviatore di Giangiacomo De Stefano o Il mondo in camera di Mauro Bartoli, per il quale ho collaborato anche ai testi. Ma nel mestiere non ci sono soltanto film, ci sono anche incontri, e io ho avuto la fortuna di lavorare a fianco di Vittorio De Seta e di Ansano Giannarelli, di stringere amicizie professionali con molte persone che mi hanno fatto crescere tanto. Ovviamente adesso sono terrorizzato di avere dimenticato qualcuno che si offenderà a morte.
Corrado: Per quanto riguarda i progetti non regionali, negli ultimi anni ad esempio ho montato Denise, una serie TV prodotta da Palomar Doc per la regia di Vittorio Moroni e Io resto, documentario vincitore di Biografilm Italia prodotto da Zalab e diretto da Michele Aiello.
In regione ho lavorato con numerosissimi registi a lungometraggi, corti e documentari che hanno partecipato e vinto premi a festival nazionali ed internazionali.
Tra il 2016 e il 2017 ho montato See you in Texas, per la regia di Vito Palmieri, che ha vinto il Grand Prix allo Shanghai International Film Festival e l’Audience Award al Biografilm Festival di Bologna; Gli Asteroidi di Germano Maccioni, con Chiara Caselli e Pippo Delbono, in concorso al Festival del Cinema di Locarno 2017 e L’Agnello, di Mario Piredda, in concorso ad “Alice nella Città”,al Festival del Cinema di Roma.
Ho montato anche diversi cortometraggi tra cui, sempre per la regia di Vito Palmieri, Matilde, in concorso alla 63° Berlinale e vincitore del TIFF Kids; Il mondiale in piazza vincitore di Alice nella città e in cinquina ai Nastri d‘argento e ai Globi d’oro; per la regia di Mario Piredda ho realizzato il montaggio di A casa mia, vincitore del David di Donatello 2017 per il miglior cortometraggio; Gas Station di Olga Torrico, in cinquina ai David Di Donatello 2021 e vincitore della Settimana della Critica a Venezia SIC@SIC; Zombie e In famiglia per la regia di Giorgio Diritti.


Quali sono i tuoi progetti attuali e futuri?
Fabio: C’è un documentario-sfida di due miei amici che è stato sospeso tempo fa e che dovrebbe ripartire e un documentario, parte animazione e parte girato, ambientato a Gerusalemme, rimandato a lungo causa Covid. Ma con l’età mi è venuta voglia di novità, di sperimentare qualcosa fuori dal mio percorso; ho ripreso in mano la scrittura di un documentario che mi piacerebbe realizzare e sto sperimentando un utilizzo laboratoriale della tecnica delle storylines (sai tutti quei post-it che utilizziamo noi montatori?). Ma soprattutto mi piacerebbe fare più formazione, condividere, imparare e insegnare di più. Questo, più che un progetto concreto, è un desiderio, il mio messaggio in bottiglia..
Corrado: Attualmente ho chiuso il montaggio del lungometraggio di Vito Palmieri La seconda vita, con Marianna Fontana come attrice protagonista. Sto lavorando con una casa di produzione veneta ad un biopic su un famoso cantante e autore italiano di fama internazionale, inoltre ho chiuso il documentario After the bridge di Davide Rizzo, che narra la storia della madre di uno jihadista morto durante un attentato a Londra. Prossimamente monterò il documentario Un match alla volta per la regia di Michael Petrolini e Valerio Lo Muzio.
Inoltre da un paio di anni ho aperto lo studio di post-produzione “KoreLab” assieme al mio socio Walter Cavatoi, in cui offriamo servizi di laboratorio, montaggio e color grading. Stiamo puntando molto su questa nuova realtà e in così poco tempo siamo cresciuti tantissimo e stiamo collaborando con moltissime produzioni internazionali e nazionali, cercando di portare le post-produzioni in regione.
In copertina: Fabio Bianchini e Corrado Iuvara