Onde dorate / Golden waves
Nel 2017 il Comune di Pianoro invitò Cuore di pietra a dare un proprio contributo al percorso di integrazione dei migranti che sempre più numerosi arrivavano nelle strutture di accoglienza presenti sul territorio. Avevamo già verificato, nel corso degli anni, quanto con l’arte pubblica così come noi la mettevamo in pratica si riuscissero ad attivare processi partecipativi promuovendo connessioni fra comunità e paese tali da stimolare l’inclusione e contribuire al rafforzamento della coesione sociale. Ci mettemmo così al lavoro.

Abbiamo collaborato attivamente con le due strutture di accoglienza, Casa Paleotto a Rastignano, curata dalla onlus Mondo Donna dove sono ospitati per lo più nuclei familiari o donne con bambini, e l’appartamento gestito a Pianoro dalla cooperativa sociale Arca di Noè, che ospita invece giovani ragazzi. Per tutto il 2018 abbiamo organizzato passeggiate esplorative di conoscenza di Pianoro e delle tante opere di Cuore di pietra.

È stato un viaggio lungo, abbiamo visto persone morte per strada e nessuno le aveva seppellite. John mi ha detto che solo la fede e Dio ci avrebbero fatto sopravvivere. Ho chiesto ancora quanto mancava per arrivare in Libia, e lui mi ha risposto ancora di non preoccuparmi.
Il sole era caldissimo come il fuoco, l’Hilux era caldissimo, ho capito che le persone morte erano persone che avevano fatto il viaggio con l’Hilux e a causa del caldo e della mancanza di acqua e cibo erano collassate.
Anche nel mio Hilux c’è stata una persona che è morta e l’autista ci ha ordinato di buttarlo fuori, di liberarcene. Gli Hilux si muovono sempre in gruppo… Avevo molta paura, mi dicevo “guarda come l’Africa sta perdendo la sua vita!”.
(Favour, da “Io sarò la tua voce. Storie di viaggi migranti”)

Molti gli incontri fra i migranti e i bambini delle scuole, a scuola e fuori. Molti gli incontri fra i migranti e i giovani artisti dell’Accademia di Belle arti di Bologna. La sede della nostra associazione e il Passaggio di luce, il sottopassaggio con il wallpainting di Andreco e la piazza in miniatura costruita nell’installazione di MP5 erano i luoghi di incontro, luoghi di cui insieme ci prendevamo cura, e dove nascevano chiacchiere, occasioni di racconti e scambi fra lingue, culture e tradizioni diverse. Con queste attività con bambini e migranti si provava anche a formare delle nuove guide per future passeggiate lungo il percorso artistico.
Per alcuni dei migranti col tempo lo stare insieme è diventata l’occasione per dar voce alla concitata e drammatica denuncia delle condizioni disumane in cui avvenivano i loro viaggi verso una vita migliore, le lunghe traversate dei deserti, le detenzioni e le violenze in Libia, e infine l’incognito pericoloso mare. Quei racconti arrivavano a me come ondate di dolore, urla da una tragedia immane. Impossibile sottrarsi, impossibile tirarsi indietro!
Il giorno in cui ci hanno fermati, i ribelli ci hanno picchiato molto, ci hanno obbligati a sederci sulle rocce… si sono impossessati dei camion… lasciandoci nel deserto senza viveri, senza acqua e senza niente. Prima di lasciarci per giorni nel deserto hanno violentato le nostre donne. A volte capita che tra le donne ne scelgano una e la costringano a diventare la loro moglie. I ribelli uccidono sempre qualcuno ogni volta che attaccano una carovana. Tutti quelli che provano a opporsi vengono uccisi, sparati o accoltellati. Tutti i morti lasciati dopo il loro passaggio li abbiamo seppelliti nel deserto scavando le fosse con le mani. Siamo stati tre giorni nel deserto, nella base dei ribelli.
(Excellent Orugpe, da “Io sarò la tua voce. Storie di viaggi migranti”)

Da una serie di questi incontri molto intensi, più frequenti e più “urgenti” degli altri, che ho avuto con Clement I. Thomas, giovane nigeriano sbarcato a Pozzallo con la moglie incinta di sette mesi, nacque anche il libro Io sarò la tua voce. Racconti di viaggi migranti, racconto a più voci di un viaggio della speranza, che ho curato e che con la nostra associazione abbiamo pubblicato.
Le note vicende delle navi Open Arms e Diciotti sollecitarono un impegno ulteriore. Ecco come, a poco a poco, è cresciuta ed è maturata in me l’idea di far partire da Pianoro l’invito a un’azione che potesse propagarsi. L’adesione del Comune fu immediata, appassionata e coraggiosa.
E un giorno Pianoro si risvegliò in uno scintillio di lampi dorati.


Il 21 maggio del 2017 io e mia moglie siamo saliti su un barcone a mezzanotte. Era la prima volta che vedevamo il mare e ero molto agitato perché il mare era molto grande. Eravamo 200 africani e tutti vedevamo il mare per la prima volta. Era tutto buio e freddo, c’era molto freddo e non avevamo giacche. C’erano bambini piccoli e donne incinte, e anche mia moglie era incinta, era al settimo mese. E io pregavo Dio per lei.
Tutto era buio e oscurità, non vedevo l’inizio né la fine. Dopo l’una le donne e i bambini son potuti salire sul barcone e poi gli uomini. Io non ero seduto vicino a mia moglie. La barca prende duecento persone e chi entra prima va ad un estremo e chi entra dopo va all’altro estremo, io la cercavo con gli occhi ma non potevo vederla. Non l’ho più vista fino a quando non ci hanno soccorso e siamo saliti su una nave di salvataggio.
(Clement Irekhiafe Thomas, da “Io sarò la tua voce. Storie di viaggi migranti”)


Dalle finestre del Palazzo Comunale, sulla piazza centrale, e da quelle della Biblioteca, del Centro diurno Giusti e di molti appartamenti privati, sventolavano al sole tante coperte isotermiche (quelle in cui, ormai da molti anni, vediamo avvolgere i migranti nelle convulse operazioni di salvataggio in mare).
Era il 9 febbraio del 2019 e quell’installazione temporanea dalle finestre del Municipio era un gesto di denuncia, un segno di dissenso nei confronti di una politica dell’immigrazione che in quei mesi stava cancellando solidaristiche garanzie, inasprendo toni e alzando barriere sempre più rigide.
Era un incipit, e voleva essere una sollecitazione anche per altre città, istituzioni e singoli cittadini a replicare l’azione e diffonderla. Chiunque, cittadino o istituzione pubblica o privata, avrebbe potuto far eco a questo gesto procurandosi una coperta isotermica ed esponendola alla finestra come scudo dorato, protezione per chi ce l’aveva fatta ed era arrivato dal mare, ma anche per tutti noi, a difesa da ogni intolleranza e razzismo, e di quelle libertà, di quella umanità, che si rischiava (e si rischia ancora) ci venissero progressivamente negate. Un gesto semplice di scelta consapevole.

Immaginate se il governo africano riuscisse a creare posti di lavoro e attrezzature e corsi di formazione per i nostri giovani africani! Non credo che a quel punto i giovani vorrebbero attraversare il deserto e il mare per avere una vita migliore.
Si riuscirebbe così a sconfiggere il traffico di esseri umani, e i giovani potrebbero continuare ad andare a scuola e a pensare a come rendere l’Africa migliore. I leader sono i responsabili dei nostri problemi ma avrebbero anche la soluzione per risolverli, se solo volessero.
Dobbiamo renderci conto di ciò in cui i nostri governi hanno fallito, e noi stessi dobbiamo impegnarci per dare più valore alla vita. Venire in Europa non è il modo migliore per risolvere i problemi dell’Africa. Tutti i traffici nelle varie parti del mondo non ci rassicurano affatto sulla soluzione dei problemi degli africani. La vita non è un viaggio attraverso l’illegalità.
(Clement Irekhiafe Thomas , da “Io sarò la tua voce. Storie di viaggi migranti”)
Dagli incontri con i migranti, lavorando con loro nel corso del tempo, e in dialogo con una classe della scuola media, erano nati anche i progetti delle installazioni di Archontia Bezoni Pezoni e Valeria Notarangeli, giovani artiste allieve dell’Accademia di Belle Arti, che sono state presentate durante la manifestazione del 9 febbraio. Le loro opere, risultato di quel modo di progettare che ci è proprio, con tocchi leggeri e frutto di un processo lungo e ampio di partecipazione con catarsi gioiosa, si sono aggiunte al percorso di arte contemporanea permanente di Cuore di pietra. Da Piazza dei Martiri una passeggiata, abituale pratica anche nei giorni delle nostre manifestazioni, si è mossa verso la Scuola Media V. Neri sulle cui facciate troviamo Navigare col pensiero, di Archontia Bezoni Pezoni, quattro bandiere con le mappe della Nigeria, del Mali e del Senegal, paesi dei migranti ospiti, ricreate con piccoli oggetti e immagini, loro segni identitari (altre bandiere sono state esposte all’esterno delle residenze dei migranti a Rastignano e Pianoro). Alla biblioteca Silvio Mucini troviamo invece Amarrer, dei mobiles, una struttura aerea, poetica memoria di viaggio, realizzata con tessuti etnici, rafia, ago e filo da Valeria Notarangeli insieme a molti dei giovani migranti. Un video documentativo di tutta la passeggiata è stato girato quel giorno da Azer Jack Daniel, uno dei ragazzi ospiti della struttura di Pianoro e montato poi da Maria Grazia De Siena.
A quell’invito del 9 febbraio partito da Pianoro con il progetto #Onde dorate/Golden Waves. Let’s save them…let’s save ourselves aderirono in molti, da Bologna e da altre città italiane e straniere. Let’s save them… Let’s save ourselves. Salviamoli….Salviamoci. Ancora e ancora.
Bibliografia:
- Clement I. Thomas, Io sarò la tua voce. Storie di viaggi migranti, a cura di Mili Romano, Fausto Lupetti editore, Bologna 2019
Riferimenti:

In copertina: Momenti della manifestazione “Onde dorate /Golden waves” – Foto Marco Mensa
About Author / Mili Romano
Artista e curatrice, si occupa di antropologia urbana, antropologia visuale e di arte negli spazi pubblici.