Protagonist* / le montatrici
Interviste doppie a protagonist* del mondo del documentario in Emilia-Romagna.
In questo numero della rubrica Protagonist* poniamo cinque domande parallele alle montatrici Mirella Carrozzieri e Ilaria Cimmino, per conoscere il loro percorso professionale.
Qual è la tua formazione? Ci puoi dire qualcosa su come hai iniziato?
Mirella: Ho iniziato poco più che ventenne partecipando a corsi di formazione finalizzati alla creazione di una cooperativa culturale specializzata nella gestione dell’audiovisivo. Il primo lavoro è stato quello di responsabile del centro di produzione video de La Palazzina a Imola, un ruolo che copriva tutti gli aspetti della produzione, dall’idea al prodotto finito. Indossando un’infinità di cappelli diversi, passavo dallo sviluppo e gestione economica dei progetti alla realizzazione delle riprese e del montaggio. Tra tutti, il montaggio è stato il lavoro in cui sentivo di poter esprimermi al meglio. Passavo notti intere in studio alla ricerca del ritmo giusto, a selezionare le immagini, a sposarle con i suoni, a costruire i meccanismi più potenti per esprimere i contenuti.
Il passo successivo è stato trasferirmi a Milano dove ho lavorato per Rai, Mediaset, Tele+ Classica e agenzie di pubblicità. Una palestra fondamentale in un’epoca tecnologicamente complicata, come quella del passaggio dall’analogico al digitale.
Questa vorticosa crescita professionale si è interrotta quando per fare la mamma sono tornata a Imola. Ci sono voluti alcuni anni per inserirmi nel contesto bolognese. Per qualche tempo ho fatto la freelance, ma dove ho trovato più soddisfazioni è stato nella formazione. Per circa otto anni ho tenuto laboratori di montaggio e documentario all’Università di Bologna, un’esperienza che ho continuato con l’Università di Modena e Reggio e successivamente nelle scuole superiori fino ad arrivare ad oggi.
Ilaria: Sono arrivata a Bologna nel 2013 per frequentare il corso di laurea magistrale in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale dopo una laurea in Lettere e una formazione prevalentemente classica. Ero orientata alla scrittura e non avevo mai considerato il montaggio come profonda espressione linguistica. Con mia enorme fortuna, alla consapevolezza dell’importanza del montaggio sono succedute esperienze con diversi montatori bolognesi, in primis Paolo “Sbrango” Marzoni e Corrado Iuvara, che mi hanno dato la possibilità per la prima volta di mettere le mani su del vero materiale filmico e capirne, quindi, le potenzialità soprattutto in ambito di film documentari.

Dal tuo punto di vista, quali sono i principali punti di forza e di debolezza della produzione audiovisiva nella nostra regione?
Mirella: Il mio punto di vista non può che essere comparativo nel tempo e nello spazio.
Da una parte, le realtà produttive in regione in questi ultimi dieci anni sono profondamente cambiate. Oggi il sistema mi pare più vivace e ricco di competenze: nuove case di produzione, aumento di artisti indipendenti che scelgono di stabilirsi o rimanere in Emilia-Romagna, più fondi per produrre, nuove modalità di finanziamento. Dall’altra, accanto a questi cambiamenti il generale atteggiamento di chiusura tipico della provincia non è stato scalfito. Resta purtroppo una netta linea di separazione tra chi prende decisioni a livello produttivo e chi materialmente si trova a fare il lavoro, una mancanza di dialogo che consuma e allontana entrambe le parti.
Ilaria: La mia è un’esperienza relativamente giovane, lavoro come montatrice e assistente al montaggio da circa 6 anni. Ho avuto la fortuna di cominciare in un momento in cui la Emilia-Romagna Film Commission ha fatto fiorire l’interesse per la nostra regione attirando produzioni da tutta Italia e anche internazionali.
Spesso, però, il flusso di post-produzione di tutte queste opere girate sul nostro territorio viene seguito altrove, principalmente nei poli di Roma o Milano. L’optimum potrebbe essere raggiunto se anche le post-produzioni locali potessero beneficiare della grande crescita di produzioni sul nostro territorio, seguendone il montaggio e il processo di finalizzazione.

Lavori prevalentemente con società emiliano-romagnole o anche con società nazionali ed estere? Come cambia il tuo lavoro nei due casi?
Mirella: Oramai il mio campo di lavoro è fondamentalmente la formazione. Questo mi permette di continuare la sperimentazione sui linguaggi audiovisivi altrimenti difficilmente proponibile in rigidi e standardizzati schemi produttivi.
Riferendo la domanda al passato, invece, la mia esperienza di lavoro con società emiliano-romagnole è stato un amore difficile soprattutto per quello che concerne il riconoscimento economico e creativo. La diffusa usanza (di un tempo spero) di lavorare senza contratto o accordi scritti rende più debole il ruolo del montatore la cui posizione assomiglia di più a quello di un tecnico dell’audiovisivo che confeziona un prodotto standardizzato sotto la vigile guida del regista o della produzione.
Nella realtà milanese, una volta cominciato e instaurato un rapporto, ho quasi sempre avuto un’estrema libertà espressiva all’interno di territori concordati e di conseguenza enormi responsabilità quando si trattava di andare in onda a livello nazionale.
Ilaria: La grandissima parte dei professionisti con cui lavoro è emiliano-romagnola. Mi è capitato in passato di lavorare per produzioni quali R&C Produzioni oppure Netflix.
Ovviamente il lavoro viene agevolato sotto molti punti di vista quando si è in contesti più grandi e più formalizzati, mentre capita che le produzioni regionali risentano del fatto che talvolta sono più piccole e meno strutturate.

Ci puoi fare alcuni esempi di documentari e altri progetti interessanti a cui hai lavorato, sia regionali che non?
Mirella: Sono molti i lavori che meriterebbero una menzione, ma per brevità mi limito a citare quelli che mi hanno sfidato di più. Con La febbre del fare (Mellara-Rossi, 2010) ho lavorato al montaggio per oltre un anno immersa nelle immagini di numerosi archivi storici regionali e nazionali. Di giorno si esplorava e viveva in un passato storicamente straordinario (la vita di Bologna dal dopoguerra al 2 agosto 1980) e a fine turno, una volta spenta la postazione si tornava al presente con una percezione completamente diversa. A livello nazionale, ho realizzato diversi documentari sui protagonisti della musica per Tele+ Classica e due stagioni televisive di Europa, un programma settimanale di reportage, andate in onda su Rai3.
Ilaria: Fuori dal territorio regionale, i progetti più importanti a cui ho preso parte mi hanno visto nel ruolo dell’assistente al montaggio e mi riferisco a Napoli Velata di Ferzan Ozpetek oppure L’ultimo Paradiso di Rocco Ricciardulli, film per Netflix. Mentre, per quanto riguarda le produzioni regionali, tra i documentari che ho firmato come montatrice ci sono La Macchia d’Inchiostro, esordio di Ciro Valerio Gatto, sulla figura di Roberto Roversi, oppure Le Avventure del Lupo di Enza Negroni, documentario che ha per protagonista Stefano Benni con tutto l’immaginario dei suoi personaggi e del suo mondo.
Quali sono i tuoi progetti attuali e futuri?
Mirella: Nonostante continui a montare piccoli lavori in qualità di ghost editor, oggi il montaggio è per me un processo che interviene fin dal concepimento stesso di un soggetto per un film. È con questa consapevolezza che cerco di stimolare gli aspiranti filmmaker ad osare di più di quanto il mercato o il contesto richieda e la formazione è lo strumento ideale per contribuire ad evolvere il linguaggio audiovisivo.
Attualmente sto lavorando all’interno di un collettivo nella progettazione di attività di formazione audiovisiva nella scuola superiore. Dato che si tratta di progetti che coinvolgono più scuole non solo regionali, al momento non è possibile rivelare più di tanto.
Tra i progetti futuri, dopo aver superato il concorso ordinario, dovrei entrare in classe non più come esperta esterna, ma in qualità di docente di ruolo.
Il sogno di una scuola in cui il linguaggio audiovisivo sia una vera e propria materia fin dalla primaria è ancora lontano dall’avverarsi, ma alcuni segnali di cambiamento cominciano a vedersi, almeno alle superiori. Il mio auspicio è quello di continuare a lavorare per creare un laboratorio permanente di idee, progetti, aggiornamento e studi sul cinema e dintorni.
Ilaria: Al momento sto collaborando con Ethnos ad un documentario su un’atleta trans ipovedente.
Abbiamo da poco finalizzato Rent Strike Bolognina, esordio di Michael Petrolini girato durante la pandemia in un edificio che aveva messo in atto lo sciopero dell’affitto contro una situazione speculativa nel quartiere della Bolognina, appunto.
Dopo la pausa estiva si riparte con progetti tutti emiliano-romagnoli.


In copertina: Mirella Carrozzieri e Ilaria Cimmino