Andreas Gursky – lo spazio presente
L’importante ruolo della Fondazione MAST nella scena culturale della nostra regione viene ancora una volta riconfermato (se ce ne fosse bisogno) dalla mostra “Andreas Gursky: Visual Spaces of Today”. Questa mostra, un’antologica senza precedenti in Italia, dedicata al fotografo tedesco Andreas Gursky, abbraccia oltre quarant’anni di straordinaria produzione artistica. È anche l’inizio della celebrazione di due importanti anniversari: i 100 anni dell’azienda G.D (da cui nasce il progetto del MAST) e i 10 anni della Fondazione.
“Fare del lavoro una cultura e della cultura un lavoro”: così si potrebbe sintetizzare la mission del MAST, che negli ultimi dieci anni ha declinato questo obiettivo in una serie di preziose iniziative espositive dedicate soprattutto alla fotografia. Proposte di alto valore culturale che ci invitano a riflettere sul mondo del lavoro e sulle urgenti sfide del nostro tempo attraverso lo sguardo dei grandi artisti della fotografia. Un esempio fra tutti: la mostra Anthropocene del 2019, con le immagini del fotografo canadese Edward Burtynsky, che si interroga sul ruolo della specie umana come causa primaria del cambiamento permanente del pianeta.
Il lavoro di Andreas Gursky offre nuovi e stimolanti punti di osservazione sul tema della produzione, come spiega Isabella Seragnoli, presidente della Fondazione MAST.
MAST è acronimo di Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia, Andreas Gursky lo ha riflesso nella selezione delle sue opere fotografiche: gli universi tematici delle sue immagini svelano il capitalismo globale documentando siti produttivi, centri di movimentazione delle merci, banche o Borse, produzione di energia e cibo, allestimenti di punti di vendita, hub di transito e ancora altro, per aprire lo sguardo sul mondo del lavoro, dell’economia e della globalizzazione. (Isabella Seragnoli)

“Sono un appassionato lettore di quotidiani, quindi molte delle mie idee vengono dalla lettura dei giornali, o guardando le riviste o la TV. Per questo le mie immagini sono così collegate a ciò che accade nel mondo.”
La mostra copre un ampio arco temporale nel lavoro di Gursky, dalle opere iniziali fino agli esempi più recenti. Le sue immagini, spesso di grande formato, sono diventate icone contemporanee, contribuendo a elevare la fotografia allo status di arte e oggetto di collezione. (È sua la fotografia più costosa della storia, l’immagine del fiume Reno “Rhein II”, battuta all’asta da Christie’s per 4,34 milioni di dollari, una quotazione mai raggiunta prima per un fotografia).
Nel percorso espositivo che comprende 40 immagini, quasi tutte di grade formato, il pubblico può immergersi nel mondo visivo di Gursky e esplorare la complessa articolazione delle sue composizioni, come la suggestiva immagine del porto di Salerno del 1990, l’unica dell’esposizione realizzata con tecnologia analogica.

“Non mi interessa l’individuo, ma la specie umana e il suo ambiente.”
Da un certo punto in poi Gursky si affida totalmente alla tecnologia digitale per l’elaborazione finale delle sue opere. Il digitale gli permette di assemblare più scatti in un’unica grande composizione, e di sfidare così il nostro sguardo, che si trova spesso spiazzato nel tentativo di introiettare la complessa visione d’insieme, o dall’uso di prospettive apparentemente “normali”, ma in realtà distorte e manipolate digitalmente.
“All’inizio degli anni ’90 ho iniziato a lavorare in digitale, combinando scatti, eliminando alcuni dettagli e ripetendone altri. I lavori finali non erano più semplici scatti diretti, come Salerno, ma immagini costruite. La mia attenzione è rivolta alla vastità piuttosto che al dettaglio.”

La mostra è accompagnata da un catalogo con contributi della Fondazione MAST e un testo critico del curatore Urs Stahel, che elabora il tema dello spazio, così centrale nell’opera di Gursky.
I grandi formati modificano lo spazio, lo trasformano, lo articolano, lo ripartiscono in maniera inedita, vengono incontro a noi osservatori con dolcezza, con forza o con violenza, aprendo lo sguardo o dominandolo. Rappresentano una sfida fisica e al tempo stesso un’offerta, un invito ad avvicinarsi, a entrare visivamente nelle opere, a congiungersi e fondersi con esse. Dall’inizio della sua carriera, sin dai primi grandi formati, Gursky gioca con queste dinamiche contrastanti, collocando le immagini nello spazio non solo con riferimenti contenutistici, ma anche con rimandi visuali, con forze di attrazione e di repulsione, invitanti o irraggianti secondo energie antitetiche. (Urs Stahel)

“Le mie immagini riguardano molto lo spazio, ma ciò non significa che questo sia illimitato. Lo spazio per me è una metafora del modo in cui noi come esseri umani viaggiamo attraverso lo spazio a casa e sul nostro pianeta. L’universo è enorme e noi siamo così limitati nella nostra percezione.”
Nel dialogo tra gli spazi dell’uomo dedicati alla produzione e lo spazio della “tela” fotografica, il grande formato su cui Gursky dipinge la sua visione del mondo, traspare un’analisi dell’attualità che, seppur centrata su temi di capitale importanza, rifugge dalla critica esplicita.
“I problemi del nostro tempo – il cambiamento climatico, lo sfruttamento delle risorse naturali, le condizioni di lavoro, la monopolizzazione delle strutture di distribuzione – sono tutti temi nel mio lavoro. Ma non ho soluzioni da offrire. Tutti sanno che Amazon rappresenta il turbocapitalismo, ma spetta allo spettatore giungere alle proprie conclusioni. Mantengo la consapevolezza dei problemi che ribollono senza perdere di vista la bellezza e la complessità del mondo, in modo che l’interesse per esso non scompaia.”

Un’estetica fatta di geometrie, lineare, a tratti fredda, analitica, quasi chirurgica, attenta a scoprire e a dissezionare il quadro completo per trovare nella ripetitività dei singoli elementi la trama di quell’unico sistema socio-economico globale di cui tutti facciamo parte.

Gursky ci appare come un pittore storico (molto contemporaneo) dei luoghi centrali della nostra vita, dell’edonismo, dell’estasi del rave e del nostro produrre, ordinare, amministrare, intervenire sulla nostra natura. Dal porto di Salerno alla borsa di Tokyo, allo spogliatoio di una miniera, alla facciata della Hong Kong Shanghai Bank, alle produzioni industriali di carne, verdura e fiori, fino all’industria dei beni di lusso o alla farm di pannelli solari che come un lieve Hokusai fluttua su un paesaggio francese – ogni cosa qui è connessa alle altre, ovunque e in ogni momento, nel tentacolare, gigantesco network del tardo capitalismo. (Urs Stahel)

Le immagini di Gursky ci offrono un’interpretazione precisa, inequivocabile, del tempo presente. Il visitatore, affascinato dalla maestria tecnica e dalla lucidità dello sguardo, resta come spaesato, ritrovandosi intrappolato in una moltitudine di stimoli, in una gabbia di messaggi criptati da cui istintivamente cerca di fuggire, senza però trovare una via d’uscita. Il futuro resta sullo sfondo, senza mai entrare in scena, come a suggerire che è proprio sull’oggi, sul momento presente, che dobbiamo concentrare tutta la nostra attenzione.

“Le mie opere sono molto reali e allo stesso tempo sono una composizione, ma non sono mai del tutto immaginarie. Questo risulta evidente, ad esempio, nell’opera Bahrain I (2005). Sulla pista in cemento di Bahrain viene tracciato un nuovo circuito a ogni gara. Per questo motivo molti tratti della pista hanno un aspetto così particolare. Non è un prodotto della mia immaginazione, piuttosto un’immagine dettata dalla realtà. Eppure, allo stesso tempo, questa fotografia è un montaggio a cui ho apportato alcune modifiche a fini compositivi. Per quanto l’elemento prospettico sia enfatizzato – il terreno è fortemente inclinato e la composizione forma un motivo astratto – restano ben visibili la linea dell’orizzonte e una striscia di cielo” (AG)
Note:
La mostra Andreas Gursky Visual Spaces of Today rimarrà aperta fino al 7 gennaio 2024. Dal 18 ottobre al 26 novembre 2023 Foto/Industria, la VI BIENNALE DI FOTOGRAFIA DELL’INDUSTRIA E DEL LAVORO uno dei principali eventi di fotografia organizzati dal Mast in diversi spazi nella città di Bologna.
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Biografia di Andreas Gursky:
Andreas Gursky nasce nel 1955 a Lipsia, nella Germania dell’Est. Durante gli anni tra il 1977 e il 1980 studia presso l’Università delle Arti Folkwang di Essen e successivamente alla Kunstakademie di Düsseldorf, con Bernd e Hilla Becher. Continua il suo percorso formativo sotto la loro guida fino al conseguimento della laurea nel 1987. Tra il 2010 e il 2018, torna alla Kunstakademie in veste di docente.
A partire dalla fine degli anni Ottanta, Gursky inizia a esporre le sue opere in gallerie e musei di tutto il mondo. Uno dei momenti più significativi è il 2001, quando il MoMa di New York ospita una grande retrospettiva delle sue opere, che successivamente viene allestita anche presso il Museo Reina Sofía di Madrid, il Centre Georges Pompidou di Parigi, il Museo di Arte Contemporanea di Chicago e il Museo di Arte Moderna di San Francisco.
La sua carriera continua a svilupparsi con mostre importanti come quella alla Haus der Kunst di Monaco nel 2007, seguita da esposizioni itineranti in tutto il mondo.
Gursky ha anche partecipato a importanti mostre internazionali, tra cui la Biennale di Sydney nel 2000, le Biennali di San Paolo e Shanghai nel 2002 e la Biennale di Venezia nel 2015.
In copertina: Andreas Gursky, Bahrain I, 2005 © ANDREAS GURSKY, by SIAE 2023 Courtesy: Sprüth Magers
About Author / Elisa Mereghetti
Regista documentarista, è tra i fondatori di Ethnos.