Tele Modigliana: un’antenna sul tetto

Nel 1978 a Modigliana, piccolo ma vivace e industrioso paese nelle colline tra Romagna e Toscana, succede qualcosa di imprevisto e, forse, unico: nasce una TV privata. Tele Modigliana, appunto.
Ancora oggi risulta difficile immaginare come fosse possibile che, 10 anni prima della diffusione di emittenti private in piccoli centri, un paese di 5mila anime potesse dar vita ad un’impresa di questa portata. Il merito è sicuramente di Pierantonio Sangiorgi, 30enne titolare del negozio di elettrodomestici del paese, trombettista e brillante elettrotecnico con alle spalle una collaborazione con il CNR di Bologna. E’ lui che, di tasca propria, finanzia questa operazione che ha il suo atto fondativo nell’installazione di un’antenna alta 18 metri sul tetto del convento dei frati; antenna che ha un limitato raggio d’azione, in grado di raggiungere solo i tetti di Modigliana.
E’ quindi naturale che il palinsesto, articolato in quiz, tribune politiche, talk show, dirette sportive e di eventi locali, poggi prevalentemente su protagonisti e argomenti del paese: la moglie Gabriella e alcuni amici nel ruolo di presentatori, ragazze e ragazzi che si reinventano come showgirl e giornalisti, comici e attori da piazza, ecc.
Pierantonio è talmente rapito da questa esperienza che decide di fare ulteriori investimenti: una telecamera a colori e un’antenna da montare sul furgone che usa per il negozio, trasformandolo in una regia mobile che mette Tele Modigliana in condizione di offrire i propri servizi ben oltre i confini del paese. Arrivano richieste persino da Bologna, dato che le emittenti locali non dispongono di strumenti così costosi e sofisticati.
Dopo due anni di attività, però, le spese ingenti, l’impossibilità di estendere la diffusione del segnale tramite un ripetitore, e quindi anche il potenziale commerciale dell’impresa, portano alla fine dell’esperienza. Pierantonio trascorre gli anni successivi lavorando anche all’estero e non avrà più occasione di ridare vita alla sua bellissima ed effimera creatura televisiva.


Quarant’anni dopo quest’avventura, e circa 10 anni dopo la sua scomparsa, il figlio Marco e la moglie Gabriella ritrovano casualmente in cantina qualche decina dei nastri che venivano utilizzati allora per la registrazione delle trasmissioni: fortunatamente sono in buone condizioni e si intuisce subito che quelle cassette contengono memorie di un valore inestimabile.
Entrano così in scena Antonio Gramentieri (in arte Don Antonio, musicista a cui recentemente si deve la colonna sonora della serie Netflix “Wanna”) e Andrea Bernabei di Big Ben/Strade Blu, modiglianesi doc, che propongono alla famiglia Sangiorgi e ad alcuni enti locali – tra cui la Cineteca di Bologna e la Regione – un progetto ambizioso ed articolato che prevede la digitalizzazione e archiviazione di tutti i nastri, nonché un documentario che ricostruisca le vicende di Tele Modigliana. Ed io, che di Antonio e Andrea sono amico di vecchia data, vengo coinvolto.

La mia regia in questo caso è sicuramente il frutto di un ascolto e di un percorso in cui mi sono lasciato guidare dai miei amici committenti: loro conoscono i volti, le voci, le vicende di un paese che fino a un anno fa avevo solo visitato in qualche occasione, quindi è stato naturale mettermi non solo al servizio di una storia, ma anche di un punto di vista che non è unicamente mio. Anzi, devo ammettere che il mio punto di vista è faticosamente nato dopo settimane di lavoro in montaggio e dopo mesi di approccio alla vicenda di Tele Modigliana: all’improvviso ho sentito che le decine di ore di video d’archivio e le tante interviste raccolte mi erano finalmente familiari.



A 40 anni di distanza dalla fine di quell’esperienza abbiamo incontrato alcuni dei protagonisti del bizzarro palinsesto ideato da Pierantonio, quasi tutti reduci da una vita in cui il mondo dello spettacolo e della comunicazione non hanno più trovato spazio; ci hanno raccontato con ironia mista ad orgoglio gli aneddoti più curiosi, restituendoci un quadro da cui era facile intuire quanta sana inconsapevolezza ci fosse nel loro essere protagonisti di un’avventura a cui oggi guardiamo con stupore, o forse ammirazione. Il loro racconto è ovviamente supportato dai tanti video d’archivio che sono la vera, unica e necessaria ragione di vita del film, spina dorsale di un progetto complessivo che va oltre il nostro documentario.
Un ruolo importante lo hanno anche i voice over di Gian Ruggero Manzoni su testi di Antonio Gramentieri, che avranno una seconda vita su carta e su palcoscenici. Li ho potuti inserire in più momenti del montaggio a seguito di un mio breve intervento di editing reso necessario dalle esigenze ritmiche e narrative del film. Sono sicuramente il sunto del nostro punto di vista su una piccola grande storia che, come e più di altre, ci racconta un passaggio fondamentale: la fine degli anni ’70, un mondo che cede definitivamente il passo all’edonismo e alla celebrazione dell’apparire, un senso di comunità e dello stare insieme che si sfalda tra schermi e luci artificiali.



Se tento di trovare un distacco emotivo dal mio lavoro, e di guardare con lucidità a questi 72 minuti, mi ritrovo comunque a riconoscere l’unicità di una storia poetica e stramba. I pionieri suscitano sempre encomi e vengono incensati, spesso in ritardo, ma abbiamo avuto la fortuna di trovare in loro quella leggerezza e quell’accento capaci di rimescolare il tutto e di raccontare senza celebrarsi. Di ridare visibilità ad un bellissimo fallimento.
Eccoci qui, oggi, dopo un anno e mezzo di lavoro, pronti per i test screening del lungometraggio di cui ho curato la regia: il 28, 29 e 30 ottobre scorsi abbiamo presentato a giornalisti, sponsor, istituzioni e soprattutto ai modiglianesi, il nostro montaggio semi-definitivo, ansiosi di raccogliere feedback e suggestioni che ci porteranno poi all’ultima stesura del film con cui intraprendere una distribuzione festivaliera. La risposta del pubblico è stata sorprendente nei numeri (più di 500 presenze complessive) e nell’empatia: in tanti si sono commossi e quasi tutti sembravano stupiti dalla forza di quelle immagini, sublimi e allo stesso tempo esilaranti.
Ora dobbiamo solo capire se davvero questa narrazione, e questa storia, hanno un senso al di fuori del paese che ha visto Tele Modigliana nascere e morire. Se oltre il brivido che ti da riconoscere volti familiari sullo schermo arrivi anche quello legato alla sensazione di ripercorrere la Storia, quella minuta, quella sincera.
Io dico di sì.


In copertina: Tele Modigliana.
About Author / Alessandro Quadretti
Regista e montatore, ma anche docente di storia e linguaggio del cinema, è tra i fondatori di Officinemedia (Forlì), con cui dal 2011 ha prodotto una decina di documentari.