Protagonist*: le esperte di produzione
Le cinque domande parallele della rubrica Protagonist* di questo numero sono riservate alle esperte di produzione. Rispondono Alessandra Masi e Giovanna Cané.
Qual è la tua formazione?
Alessandra: La mia formazione è prevalentemente sul campo. Ho studiato al DAMS di Bologna ma credo che l’esperienza diretta mi abbia guidato ad essere quello che sono. La passione per il cinema è stata, fin da bambina, il motore che mi ha portato a scegliere la rotta. Ho iniziato dalla base nel 1991, mentre studiavo; son partita credendo di voler fare la costumista. Poi, provando vari ruoli, ho capito che l’organizzazione, e quindi la produzione, erano più consone alle mie corde: il dietro le quinte e il poter contribuire a formare il tutto erano l’elemento di maggiore interesse. Ho lavorato per case di produzione emiliano-romagnole e poi, crescendo di ruolo, per case di produzione italiane e straniere. Oggi sono organizzatore generale.
Il mio lavoro consiste nell’esaminare la sceneggiatura del film, determinarne il budget e capire insieme ai produttori quali figure coinvolgere e quali strategie mettere in atto per la migliore realizzazione del film. Durante tutto lo svolgimento delle riprese sono responsabile dell’andamento delle riprese, della gestione economica e delle risorse umane. Cerco sempre di avvalermi della collaborazione dello stesso team, persone provenienti dalla nostra regione: ed è prevalentemente quello proveniente dalla mia regione: Giovanna Canè, Isabella Aldrovandi, Selene Giovannini, Luca Pascale, Simone Bachini ma anche persone di altre regioni o nazioni come Fabrizia Falzetti, Daniele Modina, solo per citarne alcuni. Il rapporto personale e professionale che si instaura con un collaboratore è fondamentale, così come l’armonia e il rispetto delle professionalità.
Giovanna: Ho studiato economia e business negli Stati Uniti all’Università UCLA e dopo uno stage alla Paramount Pictures nell’International Marketing mi sono formata sul campo lavorando in produzione per alcuni programmi televisivi inglesi e francesi producendo segmenti video di 5 minuti sul cinema, l’arte e il lifestyle degli Stati Uniti (This Morning per Granada Television, Hollywood 26 per Cine Cinema). Sono rientrata in Italia alla fine degli anni Novanta e ho iniziato a lavorare come assistente coordinator per il cinema e direttore di produzione per il genere documentario.
Il lavoro di coordinatrice consiste principalmente nel dare supporto tecnico e logistico per lo svolgimento delle riprese, nel coordinamento di troupe e cast e in tutto ciò che concerne viaggi, alberghi, trasferte in genere; nel seguire i contratti con gli sponsor, la gestione dei collocamenti e i contratti di troupe e attori; nel gestire i rapporti con l’amministrazione e i fondi cassa per i reparti. Nel genere documentario, negli anni, sono passata a produrre oltre che a curare l’organizzazione delle riprese. Questo comporta la ricerca e lo sviluppo del progetto, la strategia finanziaria, la ricerca dei finanziamenti, la pianificazione e gestione delle riprese e della troupe e la strategia distributiva.


Quali sono secondo te i principali punti di forza e di debolezza della produzione audiovisiva nella nostra regione?
Alessandra: La regione Emilia-Romagna offre un territorio molto vario e quindi location molto belle e spendibili in termini cinematografici. Le risorse umane sono poche, purtroppo, ma tra le poche ce ne sono di alto livello professionale. Bisognerebbe investire sulla formazione per alzarne il numero.
Negli ultimi anni i fondi regionali/europei e il supporto dell’Emilia-Romagna Film Commission hanno attirato molte produzioni e questo è molto positivo sia per l’aumento delle opportunità di lavoro sia per la formazione di nuove professionalità.
Anche in termini di fornitori specializzati per il settore audiovisivo purtroppo non c’è molta offerta e spero che l’incremento del lavoro possa portare alla nascita di nuove società e all’interesse nel costruire teatri di posa quasi assenti in regione.
Giovanna: La nostra regione vanta qualificate professionalità in tutti i reparti della filiera del prodotto audiovisivo grazie alla legge cinema del fondo per lo sviluppo e la produzione, che sono sicuramente i nostri punti di forza. Anche la varietà delle location della regione dal punto di vista naturalistico e paesaggistico sono sicuramente una ricchezza unica. Credo che i punti deboli siano il networking e la collaborazione fra le varie realtà produttive regionali e le limitate coproduzioni sia a livello nazionale che internazionale, anche se negli ultimi anni si sono visti sforzi in questo campo. Costruire una rete regionale di sviluppo e produzione sarebbe un obiettivo perseguibile per sfruttare al meglio le potenzialità del nostro territorio. L’Associazione Documentaristi Emilia-Romagna (D-ER) da molti anni lavora anche con questo obiettivo ma per quel che riguarda la fiction c’è ancora tanto da fare.


Qual è il tuo rapporto con le realtà regionali? lavori prevalentemente con società emiliano-romagnole o anche con società nazionali ed estere?
Alessandra: In passato ho lavorato prevalentemente con società regionali, crescendo ho scelto di lavorare di più con società nazionali e internazionali perché hanno a disposizione budget più elevati e questo porta a confrontarsi con realtà professionalmente più preparate e che danno maggiore soddisfazione.
Le produzioni o coproduzioni internazionali sono i progetti che mi interessano di più perché ho sempre voglia di imparare e confrontarmi con realtà anche diverse dalla mia. E ho notato che quello che nasce da troupe di diverse nazionalità, pur nella sua complessità, è quello che produce, a mio parere, i migliori risultati.
Il mio rapporto con le realtà regionali è ottimo e ho sempre voglia di farne parte. Esistono sul territorio società che sviluppano progetti di altissima qualità e interesse. Spesso per realizzarli si avvalgono di collaborazioni esterne che cercano e trovano a livello nazionale o internazionale.
Giovanna: Il settore audiovisivo in Emilia-Romagna ha delle caratteristiche particolari per l’alto numero di piccole/medie imprese del settore, soprattutto per quel che riguarda la produzione del genere documentario. In passato ho collaborato con alcune società di produzione come la Movie Movie, Pierrot e la Rosa, Studio 8, Ruvido Produzioni, Apapaya Film, ma lavoro maggiormente con produzioni nazionali e estere che coinvolgono nei loro progetti di finzione un numero di persone più elevato.
Un periodo di grande fermento l’abbiamo avuto nel 2010 grazie alla collaborazione fra professionisti e realtà del settore regionali. Ci siamo uniti nel gruppo Profilm Emilia-Romagna e abbiamo dato vita ad un movimento spontaneo e ad una petizione online coinvolgendo più di 900 persone per ottenere la legge cinema e il fondo per l’audiovisivo regionale.
È stato un periodo faticoso ma che ha visto varie realtà riunirsi per portare avanti un progetto comune con forza ed impegno. La proposta dei fondi diversificati per produzioni nazionali ed estere e produzioni emiliano-romagnole è stata una nostra idea che rifletteva appunto le caratteristiche produttive delle nostre imprese locali del settore audiovisivo. Sensibilizzare l’allora Assessore alla Cultura Massimo Mezzetti è stato un lavoro di squadra che ha unito varie associazioni e professionalità. Abbiamo fatto capire la necessità di allinearci alle altre regioni, di coinvolgere assessorati come Attività Produttive, Turismo, Formazione e Cultura per dare forza ad un’idea partita dal basso. E’ stato un bel momento di aggregazione e di impegno per un obiettivo condiviso. Questo tipo di collaborazione nel nostro settore non è scontata e penso che le nuove generazioni di cineasti dovrebbero cercare queste sinergie anche nello sviluppo e produzione di progetti audiovisivi.

Ci puoi fare alcuni esempi di progetti interessanti a cui hai lavorato, sia regionali che non?
Alessandra: Mi è difficile decidere tra i tanti quali sono i progetti che ho seguito con maggiore interesse perché ognuno ha qualche cosa che mi porto dentro. Le relazioni che crei e gli sforzi che fai per superare gli ostacoli e arrivare alla meta sono sempre forgianti e valevoli, a prescindere dal risultato artistico.
Quelli che mi hanno maggiormente interessato sono:
– i videoclip in Sud America con Jovanotti, per l’atmosfera cameratesca che si era formata nella piccola crew in trasferta e per le enormi sfide che abbiamo superato;
– la notte degli Oscar quando vinse Roberto Benigni per il rapporto instaurato con gli amici e la famiglia dell’attore, per le difficoltà ad intessere l’evento nel tessuto locale in termini logistici e di rapporti personali;
– The book of vision, la prima grande co-produzione internazionale che, se pur piena di ostacoli, è stata quotidianamente un’avventura che valeva la pena vivere e che mi ha formato moltissimo.
Giovanna: Il primo film su cui ho lavorato come assistente coordinator è stata una miniserie sulla vita di Enzo Ferrari per Canale 5, per la regia di Carlo Carlei e con Sergio Castellitto girato nel 2000 in varie location della nostra regione; i primi documentari sono stati Carica ragazzi e Quanti siamo quelli che siamo, due docu-fiction sul mondo degli ultras della Fortitudo e del Bologna Calcio, frutto di un laboratorio di scrittura e regia curato insieme alla regista Enza Negroni. Le tifoserie hanno partecipato scrivendo e interpretando se stesse nei docufilm. Si trattava di un laboratorio nato all’interno di un progetto per Bologna 2000 Capitale Europea della cultura.
Da lì in poi i progetti sono stati tanti e quelli a cui sono più legata sono la serie di documentari Taccuino indiano, girata in India, e la serie Megalopolis, girata negli Stati Uniti, in Brasile, in Egitto, in Pakistan e in Cina per Rai 3,prodotte dalla factory bolognese Movie Movie di Francesco Conversano e Nene Grignaffini, a cui devo molto per la mia formazione nel genere documentario. Naturalmente sono legatissima e molto orgogliosa del primo film documentario che ho prodotto: La prima meta (2016), regia di Enza Negroni, che mi ha arricchito molto sia a livello personale che professionale. Il film, girato interamente all’interno del carcere di Bologna, racconta il primo campionato della squadra di rugby Giallo Dozza formata da detenuti.
Per quel che riguarda il genere fiction ricordo come un“esperienza unica, sopratutto a livello umano, il film di finzione girato tutto in Emilia-Romagna, a Pieve di Cento Mio fratello rincorre i Dinosauri (2019), regia di Stefano Cipani, in cui per la prima volta compariva sullo schermo un ragazzino davvero speciale, Lorenzo Sisto, una coproduzione Italia/Spagna, Paco Cinematografica, Neo Art Producciones e RAI Cinema. A livello internazionale ricordo la coproduzione Italia/Francia/Inghilterra The Book of Vision per la regia di Carlo Hintermann con Charles Dance, una fiction girata prevalentemente in Trentino-Alto Adige e in Belgio e prodotta da Citrullo International, Luminous Arts Productions, Entre Chien et Loup e Rai Cinema. Più recentemente, la docufiction Piacere di conoscerti con Laura Pausini per la regia di Ivan Cotroneo, prodotta da Endemol Shine Italy, Amazon e girato a Roma e in Emilia-Romagna.
Quali sono i tuoi progetti attuali e futuri?
Alessandra: Ho appena organizzato con Nexo Digital il documentario Portrait of the Queen, una sorta di biografia della Regina Elisabetta II d’Inghilterra vista attraverso gli occhi dei fotografi che l’hanno ritratta nel tempo e tratta dal romanzo omonimo di Paola Calvetti, girato tra Londra e New York.
I progetti futuri non li menziono mai finché non sono concreti; ho in ballo alcuni lungometraggi ma, appunto, ancora nulla di confermato.
Giovanna: Attualmente sto lavorando alla fase distributiva del documentario partecipato Tutte a casa: memorie digitali da un mondo sospeso, regia di Cristina D’Eredità, Nina Baratta ed Eleonora Marino: un film nato durante il primo lockdown nel 2020 sulla pandemia raccontata dalle donne. Un lavoro intenso e formativo che mi ha permesso di conoscere 15 professioniste del settore sparse in tutta Italia e non solo, e di sperimentare una progettazione orizzontale sia dal punto di vista creativo che produttivo. Un esperimento unico, nato e realizzato in rete, che ci ha permesso di non fermarci professionalmente durante il lockdown e, anzi, di sperimentare nuove strade produttive. Il documentario ci sta dando moltissime soddisfazioni sia per la partecipazione a numerosi festival sia per la distribuzione in sala.
Negli ultimi anni ho lavorato anche nel reparto location grazie alla collaborazione con amiche e colleghe di lunga data come Isabella Aldrovandi e Roberta Barboni. Ho finito un film a dicembre prodotto da Kavac Film dal titolo Il giardiniere, opera prima di fiction del regista documentarista Marco Santarelli girato in Emilia-Romagna e in Lazio, per cui ho curato le location a Bologna.
In copertina: Alessandra Masi e Giovanna Cané.