Être et durer, come sopravvivere all’adolescenza
Vite che non sono le nostre… s’intitolava così la rubrica di Vanity Fair in cui pubblicarono un articolo sul mio film Être et Durer… sono rimasta con la domanda: ma perché non sono le nostre? Il Parkour appariva un viaggio così sideralmente distante da una vita normale? Ero donna lavoratrice, regista e madre – mica Astrosamantha! – e quello che il lavoro di madre ti riserva certo non te lo puoi scegliere! Loro < i figli > non sono tue creazioni, sono entità a cui tu offri il tuo ventre, il tuo cuore e il tuo animo. Un affido totale, senza riserve, ad un viaggio che non puoi programmare e non sai dove ti porterà: è il coraggio nel seguirli con occhi incantati mentre li lasci andare, divenire parte del flusso per poi alzare le mani e restare ad osservare.
Questo mi ha insegnato il mio rapporto con la maternità, a capire le parole del poeta Gibran, che già risuonavano in me potentemente: I vostri figli non sono figli vostri. Voi siete gli archi dai quali i vostri figli, come frecce viventi, sono scoccati nel futuro. Ed è questa, la conclusione a cui sono arrivata dopo il percorso autobiografico che ha portato, nell’arco di dieci anni, alla realizzazione di questo documentario.

Certo, il film parla anche di Parkour, ovvero il ‘tracciare’ un percorso dal punto A al punto B nel modo più diretto e fluido possibile, superando gli ostacoli con salti, acrobazie e capriole; che è ciò che di primo impatto scatena la curiosità. Curiosità che ha spinto anche me a voler indagare quel mondo, a voler esplorare e ad entrare nel loro ‘flusso’… into the Flow. La paura, il rischio e i propri limiti sono uno degli aspetti più dibattuti del Parkour. Sono uno degli argomenti più tabù della nostra società, così come il coraggio delle proprie azioni è spesso connotato da un velo di spavalderia o esagerazione. In realtà il Parkour ci insegna come coraggio e umiltà siano atteggiamenti che possono e devono essere contemporaneamente presenti nel praticante, così come il non essere dominati dalla paura ma dialogare con essa. Ma quando ho assistito al primo ‘lutto’ ho sentito il dovere di spiegare, elaborare, di mettere in ordine ‘la realtà’ della pratica e di comunicarla al mondo.
È un film che viaggia su due linee narrative separate ma parallele ed intrecciate. Da un lato si dipana sotto i nostri occhi l’evoluzione del rapporto genitore/figlio durante i dieci anni tra l’adolescenza e l’acquisizione dell’indipendenza – dall’altro è un resoconto puntuale per bocca degli stessi protagonisti (fondatori, campioni mondiali, filosofi della disciplina, folli estremisti, esperti dell’età evolutiva) che spiega che dietro questi salti apparentemente inconsulti c’è un intero mondo. Un mondo fatto di disciplina, filosofia, impulsi genetici, evoluzione della specie, bisogni primari reconditi e socialità globale.

Il viaggio parte dal cortile di casa, meglio della scuola, per espandersi a livello nazionale, poi europeo, fino a coinvolgere le Community di altre culture, come UK, Hong Kong, Cina o Gaza dove il pericolo non è certo percepito e misurato sulla pericolosità di un salto. Seguiamo dunque questo fenomeno globale e la sua percezione in culture diverse, elaborato partendo da alcuni princìpi e ‘parole d’ordine’ universali e applicate – o meglio interpretate – in differenti contesti. Ma vediamo anche come questo impatta sulle relazioni con il mondo femminile – madri, fidanzate, nonne – che con quello ‘status di Traceurs’ devono fare i conti e… adattarsi. Di volta in volta queste figure materne o conviventi devono mediare tra subire la seduzione dell’eroico fascino mixato al terrore del pericolo, o affrontare il trauma e porre rimedio fornendo assistenza e cura in caso di incidente.

Être Et Durer, che dà il titolo al film, è il motto per eccellenza del Traceur: Essere E Sopravvivere. L’eterno dilemma di chi sviluppa la crescita affrontando il rischio. Superare il limite con la piena coscienza, però, che vada impostato su parametri personalizzati: è pericolosa l’emulazione per le troppo influenzabili menti dei nostri adolescenti esposti ad ogni sorta di mistificazione sul web, ma è anche un potentissimo strumento per insegnare loro a trasformare gli ostacoli in occasioni creative di crescita. Dove si colloca l’intervento di una madre in tutto questo? E chi stabilisce cosa è più giusto? E quanto controllo possiamo noi adulti esercitare sui rituali degli adolescenti? E come e quando siamo pronti a lasciarli andare? Infatti il Sopravvivere riguarda soprattutto i genitori…


Mi sono trovata ad essere al contempo regista e produttrice di questa avventura, perché con un tempo di realizzazione di così lunga durata nessun produttore avrebbe investito risorse, tanto più per un progetto molto ambizioso che prevedeva riprese in mezzo mondo. Non è stato semplice organizzare troupes on location in paesi così diversi e lontani, dal Regno Unito alla Cina, da Gaza a Hong Kong, trovando fixer sul luogo, traduttori dal cinese o arabo ed ottenere i visti dal Ministero della Cultura Cinese per autorizzare videomakers indipendenti nella rigorosissima PRC.
E soprattutto non è stato semplice guadagnarsi gli ‘accessi’ ai personaggi che sono campioni della disciplina ma anche alle loro controparti femminili: sono docenti universitari di età evolutiva ma anche piccoli Freerunners trasgressivi, Filosofi-Guru e Fondatori storici delle varie correnti …vedi una Gallery qui!

L’altra difficoltà tecnica degna di menzione è stata l’ottimizzazione di repertori tanto difformi girati con tecnologie che negli anni sono rapidamente mutate: come uniformare formati 4/3 e 16/9 e mixare in editing riprese che andavano da riprese miniDV/Hi8/Avi a GoPro/smartphones/DSLR? Come armonizzare tutti i vari Codec? Come amalgamare una color correction che mantenesse il sapore del ‘tempo’ senza svilirne la qualità su grande schermo? Le riprese presentavano situazioni di alto rischio, locations impervie, luoghi inaccessibili e tecniche per seguire il ‘movimento’ che abbiamo dovuto inventare e a volte improvvisare senza adeguato allestimento. E rischio… e se qualcuno spinto dalla presenza della telecamera si fosse infortunato?

Lo sforzo produttivo – soprattutto internazionale – sapevo sarebbe stato notevole. Il progetto era cosmopolita e quando nei pitch di presentazione nei mercati esteri, i commissioning editors mi suggerivano di essere anche la voce narrante del racconto, confesso che un brivido di orrore mi correva lungo la schiena. Professionalmente, da produttrice, non ho mai creduto molto nei prodotti in cui viene a mancare il sano contraddittorio tra produttore/regista e la necessaria mediazione autore/protagonista, tuttavia siamo esseri pieni di contraddizioni e spesso facciamo di necessità, virtù… Come mi disse uno dei fondatori: “Anch’io ho fatto il mio percorso di Parkour trasformando gli ostacoli in opportunità creative per superare i miei limiti, e poco importa se gli ostacoli non erano…in altezza!” Le difficoltà produttive e creative, i momenti di dubbio e sconforto, non mancano mai per raggiungere il lavoro finito, ma possono anche essere trasformate in incredibili fantastiche opportunità.


Il film rallentava, fermentava, a volte marciva, mentre la vita scorreva e il lavoro mi assorbiva nella produzione di altri titoli, di altri registi, nel confronto con altri autori di cui nel frattempo curavo la produzione. Così non dovete immaginarvi una madre ansiosa che si piangeva addosso, estranea alla vita, ma immaginate piuttosto – come spesso i documentari sono capaci di fare – una storia che si dipana anch’essa indipendente dalla vostra volontà di autore. Si scrive un soggetto, un trattamento e si ‘auspica’ di poter filmare e testimoniare la linea narrativa immaginata, ma spesso i film documentari – come i figli – hanno vita propria, indipendenti dalla vostra visione.
Il compito di una buona autrice è quello di testimoniare, registrare, spesso lasciare andare, scomparire, togliersi di mezzo e solo in seguito costruire il racconto partendo dal girato. Il montaggio è infatti stato il delicatissimo e magico processo creativo attraverso cui la narrazione si è rivelata, spesso sorprendentemente, molto diversa da quanto immaginato. La realtà che supera l’immaginazione, l’imprevisto che ti ribalta. L’unico lavoro possibile di regia era stato quello di ‘diventare una di loro’ e farsi accettare come testimone per rivelare il loro mondo.

Il film in anteprima a Biografilm 2017 – ha vinto premi nei festival internazionali, uscito in DVD, scelto da Fice tra i 10 titoli del circuito d’essai è ora sulle piattaforme italiane ed estere. Ma la distribuzione che più ha dato soddisfazione e appagamento alle istanze che spingono un’autrice ad un viaggio tanto impegnativo, è stata quella che ha portato al confronto con tutte le comunità di Parkour in un amplissimo circuito di proiezioni nelle tante palestre, eventi, raduni, scuole che veramente ha consolidato il valore di questo prodotto ancora arduo per un pubblico televisivo. Il film documentario non va mai relegato solo nelle sale d’essai! Questo film che retrocede di 10 anni testimonia di una realtà della disciplina agli esordi, molto diversa dalla realtà della Community del Parkour di oggi e della sua ‘istituzionalizzazione’. Proprio per questo acquista un valore documentale per i Traceurs che nulla sanno delle origini, pur restando ‘ostico’ come tema per un pubblico generalista che col Parkour ha un rapporto ancora ignoto o distorto.
Il pubblico esce sempre con una domanda irrisolta: ma oggi quel ‘cinno’ farà ancora Parkour?’ Ma non è questo il tema… Dopo la scena finale – ripresa in bilico sulla sommità di una gru – il pubblico tira un respiro di sollievo, felice che sia finita e sempre mi appassiona l’onda di emozione dei ragazzi alla fine della visione. Grazie al progetto Doc a Scuola ho avuto il privilegio di portarlo nelle scuole ed esplorarne emozioni e impressioni suscitate, che stimolano tra ragazzi ed educatori le riflessioni su come Crescere ed Educare o… Essere E Sopravvivere. Resta questa, per me, la funzione primaria dei film documentari.
In copertina: Lorenzo Castiello
About Author / Serena Mignani
Produttrice, regista documentarista, donna e madre.