“Miniature campianesi”: territorio, poesia e segno
Nel 2017 Ermanna Montanari, autrice e attrice di teatro, pubblica con Oblomov “Miniature campianesi”, una raccolta di racconti brevi sugli anni della sua infanzia e della sua giovinezza a Campiano, piccola frazione nei pressi di Ravenna. Accompagnano questi racconti i disegni di Leila Marzocchi, fumettista e illustratrice, in una sorta di controcanto che scorre parallelo alle parole. Flavio Marziano coglie il prezioso incontro tra due donne, due sguardi. L’incontro tra narrazione poetica, racconto del territorio e trasposizione illustrata.
Non merita un riassunto o una parafrasi. Non merita neanche l’analisi delle figure retoriche o della struttura linguistica. Merita molto di più Miniature campianesi, prezioso come un piccolo libro di preghiere da tenere sul comodino, sempre a portata di mano. Meriterebbe parole capaci di raccontare il cuore delle cose, di dirci subito, in modo diretto e sfrontato, perché siamo e che cosa. Campianese è l’aggettivo ricavato da Campiano, paese del ravennate.

A Campiano Ermanna Montanari ha mosso i primi passi, ha imparato a dare un nome alle cose. L’autrice dichiara fin dalle prime pagine:
“Campiano è un innamoramento istupidito”.
Però anche ci mette in guardia, ci avverte che il suo è un miraggio.
“Mi sono accorta dell’abbaglio del tempo quando qualche anno fa accompagnai un importante produttore di cinema verso il mio paese natale.”
Guardato con gli occhi dell’altro, di colpo Campiano non è più “l’odore dei calicantus che segnavano il cammino verso la scuola d’inverno, il mugghiare dei tori da monta nella grande casa settecentesca al centro del paese, i recinti delle mucche di razza romagnola che con le corna disegnavano il volume dell’aria all’imbrunire” ma “tanti condomini a due o tre piani dai colori sgargianti, edilizia a basso costo”, “abitazioni destinate a immigrati, coppie di passaggio, braccianti occasionali”, individui che “l’italiano lo parlano per comunicare con le persone del posto”, per cui “non è la lingua della gioia, non è la lingua del pianto o del loro canto”.
Nel raccontare la moltitudine di personaggi in cui si è incarnato lo spirito di Campiano, nel rivolgere al paese, alla famiglia, alla casa il suo sguardo consapevole e affettuoso, Ermanna Montanari dialoga apertamente con le proprie radici, non sempre in modo tenero.
Scrive Barry Lopez, scrittore di paesaggio, in Una geografia profonda: “Vorrei ascoltare le storie, la voce della memoria sul territorio, assaggiare le noci e i frutti selvatici, vedere le esche da pesca, i mazzi di fiori, le staccionate, conoscere la storia delle tempeste di quel luogo, l’età degli alberi, il colore delle colline in inverno. Solo allora chiederei di vedere i musei”.
E’ così che si dipana il racconto di Ermanna Montanari: restituendo all’esperienza sensoriale il suo straordinario potere rivelatore, rifuggendo la scorciatoia degli stereotipi consolidati, quand’anche siano talmente preziosi da esser messi in cornice o dentro una teca.

A Campiano Ermanna Montanari è stata segnata da una ferita che non si è mai rimarginata: essere una bambina non voluta o non voluta così. Non abbastanza bella in una famiglia di belli, tanto da essere chiamata, con affettuosa crudeltà, “scarabocchio”. Nata femmina, ma senza il fisico per figliare. Insomma, buona solo per studiare e per parlare a sproposito.
Eppure, Miniature campianesi racconta la costruzione di un amore, benché di un amore che non c’è stato, che Ermanna Montanari descrive infine con compassione.
E’ nella compassione che inciampa quando traspone in versi le telefonate con la mamma, facendoci sentire la sola voce di lei:
“Adesso poi/sentirmi dire che puzzo/una donna pulita come me/ ah no, non mi va proprio giù. /E’ tuo fratello che da un po’ di mesi/quando mi prende su in macchina/dice che puzzo. / E che anche il babbo puzza. / Non sai quanto m’ha fatto star male / io mi lavo e mi cambio tutti i giorni/ che con l’età che ho/ potrei farlo meno spesso/ da vecchi non si suda più/ e poi che posso stare solo seduta/ che mi sposto così poco/ cosa vuoi mai che sudi.”

A questo grumo di memoria incandescente Leila Marzocchi ha dato forma, con i suoi bellissimi disegni che accompagnano il testo di Ermanna Montanari. Ho avuto l’opportunità di conversare con Leila Marzocchi a proposito del lavoro che ha fatto per Miniature campianesi.
Conoscevi Ermanna Montanari da prima di illustrare “Miniature campianesi”?
Conobbi Ermanna nel 2007, al teatro Rasi di Ravenna, dove si svolgeva la premiazione della rivista “Lo Straniero” a cui ero stata chiamata. All’emozione per il premio si sommò, per me, quella di riconoscere fra il pubblico Ermanna Montanari, che vedevo allora per la seconda volta.
Dalla prima volta erano passati sei anni: la vidi sul palcoscenico per L’isola di Alcina. Rimasi così folgorata da quell’esperienza (qualcosa che si “viveva”, non “guardava”) che, ricordo, ne parlavo con tutti, anche se era difficile spiegare a voce la potenza di quello spettacolo. Ero andata a teatro per caso quella sera, per un dono del destino. Da allora la maga Ermanna/Alcina era rimasta sempre con me, come “consonanza” e punto di riferimento.

Come è iniziato il lavoro che hai fatto per Miniature campianesi? Ti sei messa al lavoro dopo che il testo era stato completato?
Io avevo letto il testo, ed ero giunta alla conclusione che non andasse affatto “illustrato”: conteneva già tutte le immagini. Un po’ temevo di confrontarmi con la potenza tellurica delle pagine (la stessa che galoppava nell’Isola di Alcina), un po’ ne ero davvero convinta. Ermanna, però, voleva i miei disegni, e io cominciai a pensare ad immagini che potessero “accompagnare” il testo, che fungessero da bordone: immagini semplici, iconiche, da sussidiario delle elementari, da libro di preghiera. Così nacquero le prime Miniature campianesi: quelle dell’edizione Oblomov.
Il libro L’abbaglio del tempo dell’edizione La nave di Teseo, ora in uscita, contiene altre ‘miniature’ di Ermanna. Per questa nuova edizione, che non è illustrata, ho pensato ad una copertina più narrativa. Ho usato, sullo sfondo, un’immagine della casa di Ermanna com’era durante la sua infanzia, di cui le era rimasta solo una fotografia.
Ti è venuta voglia, mentre facevi questi disegni, di vedere i luoghi e di conoscere le persone di cui parla Ermanna Montanari?
Ero già stata a Campiano, avevo visto le mucche nei recinti, la campagna sconfinata. La casa di Ermanna è cambiata, ma, stando seduti nel suo soggiorno e guardando attraverso la porta, si vede la linea dell’orizzonte, all’infinito, senza ostacoli che si frappongano. Questa per me è stata un’esperienza sorprendente e significativa.
Tu sei nata a Bologna, quindi sei “cittadina”. Questo ha rappresentato un limite o l’opportunità di seguire meglio il racconto, senza che la tua esperienza personale interferisse?
Attraverso le Miniature trovo ci si ricolleghi all’essenza di una cultura tradizionale che tutti riconosciamo anche senza averla vissuta direttamente. E’ come se fosse dentro di noi. A me le Miniature suscitano una fortissima nostalgia, come se quel vissuto fosse stato anche mio, un riconoscimento, una immedesimazione, uno struggimento. E’ come se ricordassi la bellezza, la stabilità di quel mondo legato alla terra, senza averne patito la crudezza.
Più si è lontani, più si è vicini: un abbaglio del tempo… o il sortilegio di una maga?


Approfondimenti:
Ermanna Montanari è autrice e attrice di teatro. Nel 1983 è cofondatrice del Teatro delle Albe, che ha base a Ravenna, compagnia che concilia nel suo lavoro la tradizione e la ricerca. Assai numerosi gli spettacoli messi in scena da Ermanna Montanari, tra i quali Ruh. Romagna più Africa uguale, Siamo asini o pedanti?, Bonifica, All’inferno!, Perhindérion e I Polacchi. Da ormai quasi tre decenni partecipa con continuità ai più importanti festival nazionali ed internazionali.
Leila Marzocchi è nata a Bologna e pubblica fumetti e illustrazioni dal 1985. Ha collaborato con molte testate tra le quali i quotidiani “Reporter”, “Il Manifesto”, “L’Unità” e le riviste “Zoom”, “Accaparlante”, “Consumatori”, “Dolcevita”, “Comic Art”, “Mondo Naif”. Tra i suoi libri, ricordiamo Bagolino Monogatari (Centro Fumetto Andrea Pazienza), Il camioncino Rosso (Biber, 2000) e Il calendario di Pillo (Biber, 2001), Dieci elegie per un ossobuco (Coconino Press, 2015), Niger (Coconino Press, 2016). Nel 2020 ha pubblicato con Fantagraphics Books il libro Nymph.
Nel 2021 La Nave di Teseo pubblica L’abbaglio del tempo, una nuova raccolta dei racconti di Ermanna Montanari, che contiene Miniature campianesi finora inedite. Per questo volume, Leila Marzocchi ha disegnato la copertina.
Le immagini: tutti i disegni che compaiono in questo articolo sono stati realizzati da Leila Marzocchi per “Miniature campianesi”.
About Author / Flavio Marziano
Disegnatore e avvocato, vive a Bologna. Ha pubblicato "Mio zio pioppo" con Sigaretten.