Un lavoro sul paesaggio culturale italiano, con oltre 150 fotografie, esposto per la prima volta nel trentennale della scomparsa di Luigi Ghirri. Così Parma ha pensato di rendere omaggio a uno dei più grandi maestri della fotografia italiana, la cui fama ha oltrepassato i confini nazionali, con la mostra Labirinti della visione. Luigi Ghirri 1991. Ne abbiamo parlato con Claudia Cavatorta, curatrice della mostra insieme a Paolo Barbaro.

La Biblioteca Civica, Santa Maria di Sala, Padova, 1988 - Foto Luigi Ghirri - Photo courtesy@Eredi Luigi Ghirri
Dove avete tratto ispirazione per il titolo “Labirinti della visione”?

Viaggio dentro un antico labirinto è il titolo dell’ultimo lavoro editoriale di Luigi Ghirri, che nel 1991 si lancia insieme ad Arturo Carlo Quintavalle, docente di Storia dell’Arte all’Università di Parma e fondatore del CSAC – Centro Studi Archivio della Comunicazione, nell’impresa di una discussione sul paesaggio italiano in senso lato, sul suo patrimonio artistico, architettonico e culturale. Insieme realizzano un libro che fu stampato in pochissime copie, piuttosto introvabile. Per costruire questo libro Ghirri fa stampare dal suo stampatore di fiducia delle fotografie (in parte sono stampe Cibachrome, in parte sono tratte dai negativi colore che aveva realizzato nei decenni precedenti, alcune sono realizzate ad hoc per questo volume) e costruisce fisicamente un menabò con Arturo Carlo Quintavalle. Alla fine dell’impresa le fotografie vengono donate al CSAC e sono quindi oggi nel patrimonio dell’Università di Parma. A partire da questo nucleo di stampe, che sono circa 155, che non sono mai state esposte nella loro interezza e rappresentano un capitolo poco noto dell’opera di Luigi Ghirri, si è deciso di tenere questo filo conduttore, esponendo anche opere di Ghirri realizzate nei decenni precedenti che anticipano i temi sviluppati all’interno di Viaggio dentro un antico labirinto.

“L’incontro quotidiano con la realtà, le finzioni, i surrogati, gli aspetti ambigui, poetici o alienanti, sembra negare ogni via d’uscita dal labirinto, le cui pareti sono sempre più illusorie tanto che ci potremmo confondere con queste.”

Luigi Ghirri, da Kodachrome, Punto e virgola, Modena 1978, pp. 11-12
Qual è la struttura della mostra?

Ad affiancare le 155 immagini che costituiscono il corpus centrale della mostra c’è una selezione di fotografie di Ghirri tratta dalle serie degli anni Settanta (da Colazione sull’erba, Paesaggi di cartone, Kodachrome), da documenti della relazione tra il fotografo e l’artista Franco Guerzoni, dall’insieme di fotografie storiche del paesaggio italiano scelte da Ghirri e conferite al CSAC, dalle Polaroid di grande formato, spettacolari pezzi unici che nel 1981 testimoniavano il cambiamento nell’opera del fotografo tra avanguardie post-dada e ripresa di una riflessione sulla veduta. Oltre alle immagini ci sono pannelli con frasi tratte dagli scritti di Luigi Ghirri e dagli scritti di Quintavalle, che aiutano il visitatore a entrare in questo percorso, a comprendere le ragioni delle scelte espositive e anche a conoscere meglio l’opera di Ghirri. L’esposizione è arricchita da un calendario di eventi collaterali, tra cui laboratori fotografici per bambini e incontri di approfondimento aperti al pubblico che vedranno studiosi ed esperti riflettere sull’opera ghirriana e sul grande impatto che questa ebbe sulla cultura, non solo visiva, del secondo Novecento.

Il Teatro Farnese Parma, 1985 - Foto Luigi Ghirri - Photo courtesy@Eredi Luigi Ghirri
L’occasione di questa mostra?

L’iniziativa, organizzata dal Comune di Parma in collaborazione con CSAC e con l’Archivio Eredi Luigi Ghirri, si inserisce nel quadro dell’omaggio a Ghirri a trent’anni dalla sua scomparsa. Un progetto voluto dalla Regione Emilia-Romagna, che ha inteso ricordare questo autore con una serie di mostre a Modena, a Reggio Emilia, e a Parma, le città a cui Ghirri era particolarmente legato e fondamentali per la sua produzione artistica.

“Debbo dire che il passaggio dall’architettura anonima all’architettura colta non fu difficile. Il mio è stato lo sguardo di un osservatore partecipe. Se ho cercato di scordarmi delle intenzioni estetiche dell’autore e se ho trascurato le conoscenze filologiche dell’opera, non l’ho fatto per desiderio di appiattire, né per volontà di ridurre tutto a una mia ossessione personale di fotografo, bensì perché ho fiducia e sono convinto che ogni architettura, nel suo semplice darsi ed esistere nel mondo esterno, aumenti di fascino.”

Da Fotografare i luoghi, fotografare le architetture. Intervista di Mario Lupano, in: Luigi Ghirri, Paesaggio Italiano, Quaderni di Lotus, Milano 1989, pp.10-12
La Certosa, Parma, 1985 - Foto Luigi Ghirri - Photo courtesy@Eredi Luigi Ghirri
Ghirri ha avuto un rapporto molto stretto con la città di Parma?

Si, Ghirri ha avuto un rapporto molto importante con questa città, dove ha sempre trovato stimoli per il suo lavoro. Ha avuto un ruolo decisivo nella costruzione delle raccolte fotografiche del CSAC, è stato a lungo nel comitato scientifico, è stato molto attivo nel reperire fondi da acquisire, soprattutto fondi di fotografia storica, ha tenuto corsi di storia delle fotografia all’Università di Parma, ha riflettuto e scritto molto sulla fotografia storica.

Nella mostra si è voluto proprio sottolineare il legame di Luigi Ghirri con l’istituzione del Centro Studi, ricostruire il suo percorso di vicinanza e di prossimità e l’importantissimo percorso di riflessione fatto insieme ad Arturo Carlo Quintavalle, un rapporto che è stato fondamentale per Luigi Ghirri ma anche per il Centro, perché figure come lui, come Nino Migliori, come Luigi Veronesi, attraverso i corsi di insegnamento e attraverso la frequentazione costante del Centro hanno disegnato il profilo delle collezioni della sezione fotografia e non solo. Era una sorta di attenzione molto profonda a un progetto di costruzione di una raccolta pubblica, che questi autori davano con molto entusiasmo e molta generosità. C’è da aggiungere anche che al momento le raccolte del CSAC sono la più consistente raccolta di stampe di Ghirri.

Quindi possiamo dire che il rapporto con la città di Parma è stato articolato e fecondo, e ha offerto all’autore stesso modelli con cui confrontarsi: Ghirri seguiva e si nutriva delle iniziative dell’Università di Parma, trovando conferma alla sua riflessione sull’immagine nelle foto americane della Farm Security Administration (esposte alla Sala delle Scuderie nel 1975) e nella New Photography USA (Lee Friedlander, Robert Frank esposte nel 1972) come nelle immagini del paesaggio italiano di Bruno Stefani (mostra CSAC del 1977). Ghirri ne parla in diversi suoi scritti, riconoscendo che le mostre presentate all’Università di Parma negli anni ’70 hanno avuto un peso molto importante per lui.

Teatro Farnese, Parma, 1986 - Foto Luigi Ghirri - Photo courtesy@Eredi Luigi Ghirri
Il Museo Glauco Lombardi, Parma, 1985 - Foto Luigi Ghirri - Photo courtesy@Eredi Luigi Ghirri
Avete inserito anche queste immagini nella mostra Labirinti della visione?

Si, abbiamo inserito immagini di Dorothea Lange e Walker Evans, che facevano parte della mostra del 1975 dedicata alla Farm Security Administration, il progetto voluto dal Presidente Franklin Delano Roosevelt per far conoscere le condizioni delle popolazioni americane colpite dalla carestia e dalla povertà all’inizio degli anni Trenta. Ghirri era affascinato dal progetto Farm Security Administration, questa grande impresa di commissione pubblica lanciata da Roosevelt con il reclutamento di tanti fotografi per un lavoro corale, più che autoriale. Questi fotografi si muovevano come una squadra, con delle indicazioni molto precise su come svolgere il lavoro, e descrivevano un territorio, uno spaccato storico. All’interno di questa grande impresa ognuno di loro segui il suo orientamento personale.

Sicuramente la fotografia di Walker Evans è stata quella che, per sua stessa ammissione, ha colpito maggiormente Luigi Ghirri, per quella libertà di descrizione e di attraversamento del paesaggio urbano anche nei suoi aspetti meno monumentali, meno consueti. Non è una descrizione di tipo aulico ma si colloca tra l’affettivo e il familiare, sottolinea quel rapporto familiare con il paesaggio, inteso in modo molto inclusivo, molto indulgente, senza operazioni di denuncia ma più che altro con l’intento di riconoscersi, di riconoscere la propria visione del mondo all’interno di un paesaggio, che Ghirri ha fatto sua.

“Trovavo che parlava delle stesse cose. L’analogia era profonda, il movente e l’ispirazione simile: comprendere, trascrivere, raccontare del nostro orizzonte visibile, parlare dell’esistente. Per me era la sfida della contemporaneità e del presente.”

(Luigi Ghirri a proposito di Walker Evans)
Photo: Walker Evans - Scott’s Run mining camp near Morgantown, W. Va, 1935 Fondo FSA (Farm Security Administration), fotografia sociale e immagini della Guerra Civile Americana Tutti i diritti riservati

“Un giorno parlando con lo scrittore Celati a proposito delle fotografie di Evans mi disse: sono carezze fatte al mondo.”

Da Le carezze fatte al mondo di Walker Evans, in “Gran Bazaar”, n.46, ottobre-novembre 1985, pp. 18-19
L'allestimento della mostra "Labirinti della visione. Luigi Ghirri 1991".

Note:

  • La mostra LABIRINTI DELLA VISIONE. LUIGI GHIRRI 1991 è visitabile presso il Palazzo del Governatore di Parma fino al 26 febbraio 2023.
  • Tutte le immagini inserite nell’articolo sono state cortesemente fornite dai promotori della mostra. 

In copertina: 

La psiche al Museo Archeologico, Napoli, 1980 – Foto Luigi Ghirri – Photo courtesy@Eredi Luigi Ghirri