Kinodromo’s story

L’incontro con Maddalena Bianchi e Carlo Strata, rispettivamente Presidente e Vicepresidente di Kinodromo, avviene in un luogo simbolo dell’associazione: nei giardini del Centro Sociale Giorgio Costa, nel quartiere Marconi di Bologna. Non è casuale conoscersi qui, fra i tavolini all’ombra degli alberi, dove s’incontrano famiglie, anziani, studenti universitari in cerca di un angolo tranquillo dove concentrarsi. Questo Centro è nato, e gravita attorno, al variegato mondo del volontariato e della solidarietà. L’incontro non richiede alcun preambolo particolare, se non la facoltà di parlare a ruota libera. Maddalena e Carlo sembrano non chiedere di meglio, e si lanciano in una staffetta di continue e suggestive informazioni.
“Kinodromo è nato qui, quando ancora non avevamo una sede stabile. Ha mosso i suoi primi passi negli spazi che vedete attorno a voi. Come molte attività similari inizialmente venne classificata come associazione culturale; con la nuova riforma è diventata associazione di promozione culturale, senza per questo modificare le sue specificità. Al suo interno i soci operano da sempre in maniera totalmente volontaria, non retribuita.
Fin dalla nascita la nostra idea di base fu quella di lavorare principalmente sugli eventi, anziché sulla programmazione continuativa; in questa scelta ci discostammo fin da subito dal profilo gestionale di altre mono-sale condotte a livello di volontariato.

Per svolgere la nostra attività in sala ci rivolgemmo a SEAC FILM, un’agenzia di distribuzione che, fra le innumerevoli altre, gestisce direttamente i cinema Odeon, Multisala e Cinema Europa e, attraverso la partecipata CCB- Circuito Cinema Bologna, i cinema Rialto Multisala e Roma D’Essai.
La scelta per noi, non casuale, cadde sull’Europa, ex sede del mitico Cinema Lumière, che nel frattempo si era spostato in via Azzo Gardino. A quei tempi, l’Europa non stava passando uno dei suoi momenti migliori. Nonostante il fascino antico, aveva perso molto del suo appeal, soprattutto sugli studenti del DAMS. Questo anche a causa delle politiche di distribuzione “a pacchetto” dei film, secondo cui di cinque pellicole da noleggiare (si parla ancora del 2011) la quinta era decisamente di minor valore. Per ragioni prevalentemente commerciali queste ultime venivano destinate all’Europa Cinema. La conseguenza di questa scelta risulta piuttosto scontata; soprattutto il lunedì e il martedì la sala rimaneva pressoché deserta. Kinodromo ottenne questi due giorni in prova proponendo subito serate evento, a proiezione “secca” come la definiamo noi (unica e non riprogrammata), con la compartecipazione di registi, attori, produttori, ecc. Il successo fu eclatante e immediato, non solo per noi, ma anche per l’effetto di rivalorizzazione del cinema stesso.
Era anche un periodo in cui certe pellicole, sebbene di qualità, facevano fatica a trovare una distribuzione; questo perché non erano in grado di “reggere” un’intera settimana di proiezioni. Era necessario trovare una formula nuova per promuovere questi film e documentari, e il nostro gruppo decise di muoversi esattamente in questa direzione.”
Com’era strutturata l’associazione?
“Inizialmente i soci erano poche persone che “facevano” cinema, e non era facile sostenere a livello di volontariato una mole così importante di lavoro. Fortunatamente col tempo il numero degli aderenti crebbe grazie all’arrivo di entusiasti cinefili. Il loro contributo fu davvero importante per i nostri eventi, soprattutto nella parte organizzativa del pre-film.
Il tutto ha funzionato anche grazie ad un’intensa attività di promozione. La voce attorno a questa novità si sparse velocemente. Molti produttori indipendenti presto si sono rivolti a noi, vedendoci come un’occasione unica per essere proiettati.
Con una certa soddisfazione abbiamo potuto vedere come la modalità del cinema evento sia stata successivamente replicata anche in altre città, oltre che a Bologna dal Cinema Galliera e dal Cinema Orione.
Negli anni abbiamo avuto un pubblico crescente fino, è ovvio, all’avvento della pandemia. Nel periodo di maggiori restrizioni abbiamo promosso i nostri eventi online, trasformando gli incontri sul palco in interviste a distanza. Era la nostra risposta a quel processo di rapida “divanizzazione” del pubblico operata dai colossi dello streaming. Ottenemmo inizialmente un buon successo, nonostante facessimo una diretta a pagamento. Kinodromo si pone con un certo riguardo nei confronti degli autori, per cui cerchiamo sempre di far pervenire a loro una parte dei guadagni. La programmazione andava da opere di “sole registe donne” a Mondovisioni, una selezione di filmati internazionali dell’anno in corso. Poi, come tutte le cose, finita la novità l’appuntamento fisso del lunedì sera ha cominciato a perdere d’interesse, fino alla sua chiusura.
Con la ripresa delle attività di sala è difficile reinventarsi e arricchire il panorama dell’offerta con qualche nuova idea. Tuttavia, c’è da dire che Bologna riesce sempre ad inserirsi in qualche modo fra i due grossi mercati culturali e cinematografici di Milano e Roma. Qui da noi è più facile creare delle novità con un ciclo di vita di media durata; più difficile che rimangano in forma permanente. L’ultima iniziativa nata in casa Kinodromo è quella che si concentra sulla valorizzazione di giovani autori di cortometraggi. La prima edizione di Ce l’ho Corto Festival internazionale si è svolta nel novembre 2019. Da allora veniamo sempre più contattati da questi giovani che cercano di promuovere i loro cortometraggi. Alcuni, senza avanzare pretese, ci contattano semplicemente per chiederci alcuni consigli su come organizzare un loro evento.”


Film, documentari, cortometraggi, come avviene la selezione delle opere da proporre all’interno dei vari eventi?
“Titoli e autori vengono vagliati con una certa cura e raramente ci capita di rimanere delusi da serate che “sulla carta” ci avevano creato una certa aspettativa, non tanto in termini di affluenza di pubblico, ma in termini di qualità dell’evento stesso. In più occasioni abbiamo avuto qualcuno dei nostri come inviato a qualche festival nazionale o internazionale per studiare le nuove uscite. Abbiamo una persona che segue direttamente per noi il Festival del Cinema di Venezia.
Ovviamente ci arrivano anche molte proposte dirette, soprattutto via mail. Il nostro primo passo per venire in contro a tali richieste è quello di visionare il trailer. Se convince, si passa all’opera completa, ed eventualmente si contatta l’autore per organizzare una serata evento. Il titolo passa al vaglio di SEAC che nel 99% dei casi approva senza riserve.
Per ragioni “logistiche” i film o documentari da noi selezionati non vengono proiettati nelle altre sale del circuito CCB. Per intenderci, nelle serate di pienone in via Pietralata si riunisce un gran numero di persone, offrendo quasi l’impressione che ci sia una festa. Nei primi anni mettevamo addirittura fuori le spine per la birra, perciò si può immaginare come si venisse a creare un clima alquanto informale. C’era anche chi, il lunedì e il martedì, veniva esclusivamente per la compagnia, senza alcuna intenzione di entrare in sala. Una situazione simile non è pensabile in altri contesti, come ad esempio il multisala Odeon; si verrebbe a creare troppa confusione.
Tornando a quei primi anni, si può affermare che si viveva immersi in uno spirito di continua euforia e d’innovazione, cosa che ai giorni nostri è difficile ritrovare. Molti dei volontari di allora hanno messo su famiglia, o si sono trasferiti altrove. Parecchi di questi erano studenti, ma le condizioni attuali in ambito universitario non sembrano favorire un ricambio generazionale. L’Orione dell’amico Enzo Setteducati, solo per fare un esempio, riesce a fare oggi quello che noi non riusciamo a proporre in maniera continuativa.”
Settembre è il mese in cui normalmente ricominciano a riaprire le sale.
“È vero, anche se storicamente noi ripartiamo l’ultima settimana di ottobre. Anche quest’anno ci riproviamo. L’anno scorso eravamo ancora in un un regime di semi-pandemia con una capienza di sala ridotta al 50%. Trattandosi del decennale di Kinodromo tentammo il colpaccio. Abbiamo preso al volo Lydia Lunch, artista underground e anti mainstream per eccellenza, in tour in Italia per presentare la biografia sulla sua vita. La serata è stata organizzata al TPO – Teatro Polivalente Occupato, perché interessava anche a loro, e perché i loro spazi consentono una capienza tripla rispetto alla nostra.
Il sogno nel cassetto per la riapertura di ottobre sarebbe avere come ospite Pietro Scalia, montatore di film memorabili, da JFK a Il Gladiatore, passando da Piccolo Buddha e innumerevoli altri. Noi glielo chiediamo, magari viene, anche con un film da catalogo che molti vorrebbero rivedere. Certamente non ripartiremo subito con i quattro lunedì al mese come prima della chiusura forzata, poiché un po’ per volta dovremo valutare le opportunità che si possono mettere in campo in questa fase post pandemica.”

Quanto spazio viene offerto al documentario?
“Ne abbiamo dedicato tantissimo in questi ultimi dieci anni. Anche se in tempi recenti ha preso decisamente piede il cosiddetto “docufilm”, termine che denota un tipo di produzione ibrida su cui si sono già aperti numerosi dibattiti. Che lo si chiami in questo modo, o semplicemente documentario, si parla comunque di qualcosa che ha spesso un elevato indice d’interesse culturale. La verità è che le moderne tecnologie di ripresa, montaggio, ecc. hanno fatto sì che vi sia stata una vera e propria esplosione quantitativa del filmato prodotto. Ma non solo. Basti pensare a Biografilm, il festival cinematografico dedicato alle storie di vita, di fiction e di documentario, che si tiene ogni anno a Bologna nel mese di giugno. Un evento in continua ascesa, anche grazie a prodotti che offrono altissimi livelli di qualità, impensabili fino a qualche anno fa.
Certo, il documentario è un genere che ancora fatica ad entrare nelle sale; eccezion fatta per quei grandissimi registi, quali Werner Herzog o Oliver Stone, che restano comunque autori cinematografici.
A suo tempo abbiamo avuto ripetutamente come ospite un autore come Gianfranco Rosi. In un certo senso ci possiamo vantare di averlo lanciato con Boatman, Below Sea Level ed El Sicario, ancor prima del suo grande successo con Sacro GRA. Adesso è un documentarista più che riconosciuto, ed il suo innovativo approccio “osservativo” viene oggi largamente emulato. Strano a dirsi ora, ma nei primi tempi del suo operato, con lui presente sul palco, la sala era semi deserta.
Lo stesso pacchetto di documentari racchiusi nella rassegna annuale MONDOVISIONI, da noi organizzata in collaborazione con Cineagenzia e la rivista Internazionale, è un chiaro esempio del nostro impegno a valorizzare il settore documentaristico. Al tempo stesso abbiamo un occhio di riguardo per autori ed opere legate al territorio bolognese o regionale. Ci siamo offerti come vetrina a La guerra a Cuba di Renato Giuliano, San Donato Beach di Fabio Donatini, L’Agnello di Mario Piredda. Spesso, per il semplice fatto che autori, attori, comparse sono di queste parti, la serata si riempie.
Purtroppo ci sono anche buoni film, o documentari, che non ottengono lo stesso effetto calamita. Questo vale in particolare per alcune nicchie di pubblico che non si riesce proprio a portare in sala. I tifosi riempiono gli stadi? Bene, fai un film sul calcio, e nessuno viene a vederlo. Tantissimi gli appassionati di jazz? Perfetto, ma stranamente i jazzisti non vanno a vedere film sui jazzisti. E ancora, i gamers? Quando s’incontrano per sfidarsi riempiono i palazzetti, eppure non vengono a vedere un documentario come Game of the year. In quest’ultimo caso lo stesso regista del filmato sui gamers, Alessandro Radaelli, fu nuovamente nostro ospite con Funeralopolis, un documentario sul consumo di eroina a livello privato; opera che, tra l’altro, presenta alcune scene davvero raccapriccianti. Ebbene, l’afflusso fu tale che ci vedemmo costretti a ripetere la serata anche il giorno successivo, riempiendo nuovamente l’Europa.”

Come promuovete le vostre serate?
“La nostra linea di promozione degli eventi segue uno schema ormai consolidato su più canali. Fra questi anche quello di andare, fisicamente, presso i potenziali interessati, in particolare negli ambienti nei quali operano.
Così è capitato otto anni fa di pubblicizzare presso alcuni negozi specializzati un documentario su un tizio che attraversa gli USA su una moto sgangherata. Da non credere, la sera dell’evento ci siamo ritrovati trenta Harley-Davidson parcheggiate davanti all’ingresso di via Pietralata e la sala nuovamente piena.”
Si parla sempre di eventi unici?
“Non proprio. Tendenzialmente non riproponiamo lo stesso titolo una seconda volta, se non a forte richiesta. Ma come si è detto, a volte è capitato che una parte importante del pubblico sia rimasta fuori perché la sala era già piena; in questi casi replicare è un atto di cortesia nei suoi confronti. È successo ad esempio con Soy Cuba, un ottimo film del 1964 che, per ragioni politiche e ideologiche, venne sempre tenuto nell’oblio, fino a quando Coppola e Scorsese non lo riesumarono portandolo al successo. Alla “prima” rimasero fuori almeno trenta persone; anche in quel caso la replica fu un atto dovuto.
Insomma, non facendo attività commerciale ci possiamo permettere di correre qualche rischio. Il più delle volte funziona, a volte no.
Nel loro complesso le formule che abbiamo proposto nel tempo hanno avuto un considerevole successo. In quanto volontari è motivo d’orgoglio constatare che altri esercenti di cinema hanno preso spunto da noi trovando il modo di rilanciare la propria attività in un’epoca di forte crisi d’affluenza.
Noi non c’abbiamo mai guadagnato nulla, se non l’immenso piacere di fare vero cinema.”
In copertina: Carlo Strata e Maddalena Bianchi
About Author / Claudio Tamburini
Scrittore, disegnatore, amante delle buone compagnie. Collabora con l'Associazione Amici del Vittoria.