Protagonist* / i colorist
Interviste doppie a protagonist* del mondo del documentario in Emilia-Romagna.
In questo numero della rubrica Protagonist* poniamo cinque domande parallele ai colorist Walter Cavatoi e Alessandro Paci, per conoscere il loro percorso professionale.
Qual è la tua formazione? In che cosa consiste il tuo lavoro?
Walter: Durante gli anni dell’Università a Bologna studiavo Comunicazione, mi sono interessato di media e cinema e ho partecipato a vari movimenti media-attivisti estremamente prolifici durante i primi anni duemila e alle iniziative di creazione di contenuti “dal basso”: Indimedia, OrfeoTv, Telestreet, VAG61. Ho conosciuto diversi professionisti del settore e cominciato a lavorare come assistente di camera, poi assistente di montaggio e di pressoché qualsiasi altra cosa, essendo interessato a tutto quello che mi girava intorno. Mi sono in seguito specializzato in post-produzione e in Color Grading praticamente come autodidatta, lavorando su migliaia di progetti e affinando le mie competenze attraverso collaborazioni sia in Italia che all’estero. Nel 2013 mi sono trasferito stabilmente in Qatar, da dove ho cominciato a lavorare con clienti sparsi in ogni angolo del mondo in un percorso, umano e professionale, che mi ha consentito di svolgere il mio lavoro in maniera più consapevole, precisa e flessibile. Il mio lavoro oggi consiste nel creare le condizioni tecniche e artistiche che accompagnano la visione di un regista (e del direttore della fotografia) dalla pre-produzione fino alla sala cinematografica (o alla televisione). Preparo il look di film e pubblicità fornendo previsualizzazioni attraverso test e creazione di LUT che i vari reparti useranno sul set ed eseguo il Color Grading finale. Sostanzialmente sono l’ultimo artista a lavorare sul film prima della sua diffusione.
Alessandro: Mi sono trasferito a Bologna per l’università dove ho conseguito la laurea triennale in DAMS (indirizzo musicale) e la specialistica in Scienze Filosofiche.
Durante gli ultimi anni di studi ho cominciato a lavorare nel settore televisivo come puppet animator per un programma educativo dal titolo “La Via delle Fiabe” con la Hirin Produzioni di Bologna. In seguito, due società hanno funto da trampolino per la mia formazione e carriera professionale: la società di post-produzione Free U (in seguito acquisita da me e dal mio socio montatore Leonardo Alberto Moschetta) e la società di produzione Filmgood.
Sono pertanto cresciuto nell’ambiente degli spot tv nazionali ed internazionali, sia nell’ambito del set nel reparto di Macchina da Presa dove ho cominciato come Videotape Recorder, che nell’ambito della Post-Produzione.
Il mio lavoro l’ho imparato principalmente sul campo e studiando da autodidatta. Al momento il mio mondo è incentrato sul colore e continuo a mantenere la bipartizione lavorativa fra Set e Post-produzione. Lavoro come D.I.T. su set pubblicitari e cinematografici e come Colorist in Post-Produzione per i più svariati progetti, dal documentario allo spot pubblicitario, dal film di fiction alla serie tv. Come D.I.T. mi occupo della creazione di Look per il set e di Live Grading sul segnale live della camera, preparando la pipeline colorimetrica dalle riprese alla post-produzione.


Dal tuo punto di vista, quali sono i principali punti di forza e di debolezza della produzione audiovisiva nella nostra regione?
Walter: La nostra regione ha una storia di estrema vivacità culturale e intellettuale che ha prodotto negli anni non solo splendidi film e documentari ma anche una continua riflessione sul mezzo e i contenuti prodotti. Molti dei migliori professionisti del nostro paese si formano qui perché hanno una rete di collaborazioni e di opportunità uniche. C’è la possibilità quasi per tutti di esprimersi e imparare in un’atmosfera non necessariamente basata sulla competizione o sull’efficienza. In regione è assente una vera e propria industria del settore e la condizione di “artigianalità”, cioè della presenza di tante piccole botteghe al di fuori (o ai margini) delle logiche di mercato, ne rappresenta la peculiarità e la forza ma anche , in un certo senso, il limite. In passato per uscire dal semi-professionalismo e maturare esperienza era quasi sempre necessario cercare opportunità in contesti più grandi e strutturati, ma vedo che ultimamente qualcosa sta cambiando e si produce di più anche in Emilia-Romagna. Spero che la qualità di queste produzioni possa aumentare e creare circoli virtuosi per i tecnici e gli artisti che si formano oggi.
Alessandro: Dai tempi dell’università, la città di Bologna si è sempre configurata ai miei occhi come una città di passaggio, un posto dove si viene per studiare ma da cui ci si sposta per trovare lavoro. Purtroppo questo è andato confermandosi nel periodo lavorativo, dove la città si è dimostrata essere una via mediana fra il mondo professionale milanese (prettamente pubblicitario e fashion) e quello romano (enormemente incentrato nella produzione cinematografica). Molte mie conoscenze, sia nel mondo universitario che lavorativo, se ne sono andate via da Bologna.
Personalmente ho deciso di non spostarmi e cercare di portare a Bologna il lavoro che svolgevo a Roma e Milano. La qualità della vita in questa città è invidiabile e il territorio emiliano-romagnolo offre tantissimo dal punto di vista filmico. Inoltre è un crocevia perfetto per potersi spostare più o meno ovunque, cosa che comunque è necessaria a seconda della tipologia dei progetti.
Negli anni ’80 e ’90 dal punto di vista cinematografico e pubblicitario Bologna era viva e prolifica, almeno così mi dicono. Quando ho cominciato io questo lavoro il mercato nella zona andava affievolendosi, generando una fuga delle professionalità e una scarsa preparazione di operatori e maestranze. Molte agenzie di comunicazione e case di produzione hanno chiuso riportando l’accentramento del mercato su Roma e Milano. L’unico tipo di produzione che forse non ha mai subito una flessione in negativo è stato il tradizionale mercato documentaristico di cui l’Emilia-Romagna è sempre stata ricca. Intendiamoci, c’è sempre stato uno zoccolo duro di qualità, ma sui grandi numeri il mercato locale si era impoverito.
Fortunatamente negli ultimi anni noto una nuova rinascita, tecnici competenti, fervore e ritorno di produzioni sul territorio, grazie anche al bel lavoro della Film Commission dell’Emilia Romagna.




Lavori prevalentemente con società emiliano-romagnole o anche con società nazionali ed estere? Come cambia il tuo lavoro nei due casi?
Walter: Lavoro prevalentemente con società estere, soprattutto in Qatar, Dubai, India ma anche con realtà regionali con le quali non ho mai del tutto smesso di collaborare anche durante gli anni in cui ho vissuto all’estero: Articolture, Genoma Films, Apapaja. Negli ultimi anni ho incrementato anche le collaborazioni con altre realtà nazionali, fra Roma e Milano.
Alessandro: Lavoro sia con produzioni “nostrane” che con società nazionali ed internazionali. Le principali committenze ci arrivano da Milano, Roma, Emilia Romagna, Austria, Germania, Inghilterra e Francia.
Eccezion fatta per la lingua non ci sono particolari differenze nello svolgimento del lavoro. Forse una cosa che posso notare è che con le produzioni estere c’è un maggior rispetto di un workflow ordinato e un riconoscimento più consono a livello economico della professionalità. Ma non voglio cadere nel luogo comune esterofilo per cui in Italia siamo degli inetti e all’estero son tutti buoni e bravi. C’è di tutto in ogni luogo e ho avuto esperienze poco piacevoli anche con società estere. Diciamo che, in linea di principio, se una società estera sente il bisogno di venire a svolgere il proprio lavoro in Italia, quindi uscire dal proprio territorio, si presuppone che abbia già preventivato un certo tipo di spesa. Molto dipende dal budget che certe società (italiane e non) hanno a disposizione. Poi sta a noi cercare di offrire il miglior servizio che siamo in grado di dare.
Detto questo, c’è sempre da imparare sia nelle collaborazioni locali che nazionali e internazionali. L’incontro di una professionalità con esperienze differenti è sempre un arricchimento per chiunque e questo può generare interessanti risultati.


Ci puoi fare alcuni esempi di documentari e altri progetti interessanti a cui hai lavorato, sia regionali che non?
Walter: Negli ultimi 2 anni ho lavorato a diversi progetti interessanti, e in particolare sono più affezionato ai “long form”: la serie TV L’ora prodotta da Indiana per Mediaset Infinity e girata da Piero Messina, la serie TV NOI – This is US prodotta da Cattleya per RaiUno, la serie documentaria Denise creata da Vittorio Moroni per Palomar e Discovery Channel. Poi il film Watchmaker per Interpol, Saaho un filmone di azione Bollywoodiano, Not to Forget dagli USA, il documentario Caronte del siciliano Nunzio Gringeri e il film Le Favolose di Roberta Torre, presentato al festival di Venezia e attualmente al cinema. Ci sono anche altre cose, alcune delle quali ancora non uscite al cinema, ma che saranno presentate al Festival di Roma e di Torino fra cui il film La California di Cinzia Bomoll (girato in regione) e Infinito, documentario di Matteo Parisini sul fotografo Luigi Ghirri.
Alessandro: Un primo esempio è l’opera prima del regista Marco Della Fonte I Sogni Abitano Gli Alberi, produzione inglese, che ho avuto l’onore di colorare insieme ad un bravissimo direttore della fotografia (Mik Allen). È stata una bellissima esperienza sia per la qualità del film e le sensazioni che mi ha lasciato, sia perché ho conosciuto Mik, una bellissima persona con cui passare del tempo, e ho avuto occasione di stringere maggiori rapporti con il regista che ormai considero un amico.
Nella serie tv Nudes, prodotta da BIM per RAI PLAY, girata a Bologna, ho lavorato come D.I.T. e ho curato il workflow dal set alla post-produzione. Svolgevo Live Grading sul set su due camere e le mie decisioni colorimetriche venivano trasmesse direttamente al laboratorio (in questo caso il nostro studio Free U), dove un operatore riportava le stesse decisioni per preparare giornalieri e file per il montaggio. Anche lì ebbi l’occasione di conoscere e collaborare con bellissime persone che tutt’ora sento, come la direttrice della fotografia Sara Purgatorio e Beppe Serra, line producer di BIM che scommise sulle maestranze locali per la realizzazione della serie.
Un ulteriore esempio può essere il documentario su Pier Paolo Pasolini Il Giovane Corsaro di Emilio Marrese. Un prodotto molto complesso ed interessante per impostazione e struttura. Il grande lavoro del regista e del montatore Paolo Marzoni è stato geniale nel portare avanti molti fili narrativi in un documentario ricco di archivio e spunti di pensiero senza mai abbandonare un ritmo incalzante e scorrevole. Non era per nulla facile. Anche qui ho avuto la fortuna di collaborare con Gian Filippo Corticelli, direttore della fotografia per le parti di finzione.
Ho intrapreso diversi lavori nel campo pubblicitario. Diciamo che mi colpiscono molto gli incontri con visioni nuove e originali, che spesso coincidono con l’incontro di persone interessanti. E trovo estremamente intrigante passare da uno spot tv ad un documentario, da un film di finzione ad un fashion film e cimentarmi ogni volta con diverse esigenze comunicative e diversi modi di raccontare un’immagine con il colore.
Quali sono i tuoi progetti attuali e futuri?
Walter: Al momento sto finendo il documentario Place of Soul della regista qatarina Hamida Al Kuwari, ma sopratutto sono impegnato a far crescere lo studio e laboratorio che ho fondato in piena pandemia insieme al mio socio Corrado Iuvara a Bologna, KoreLab, proprio per fornire servizi di eccellenza sul territorio e innescare processi virtuosi con i nostri numerosi partners internazionali. A novembre sarò in India, a Mumbai, per colorare una serie sul disastro di Bhopal, mentre a Bologna saremo in post con due lungometraggi attualmente in fase di ripresa, prodotti in Emilia-Romagna. Si preannuncia già un nuovo anno ricco di cose interessanti.
Alessandro: Al momento sto colorando un documentario inchiesta sulla morte di Pasolini di Paolo Angelini, vari spot pubblicitari e un documentario su un’atleta trans ipovedente che cerca di far valere i propri diritti per poter gareggiare nella categoria femminile.
Dal mese prossimo lavorerò come D.I.T. in una serie tv prodotta da Cattleya che verrà girata a Bologna per circa 10 settimane. Dopodiché dovrei cominciare la color di un thriller a produzione internazionale.
Spero vivamente che il lavoro cresca sempre di più sul territorio e sto cercando di creare connessioni con altre professionalità, per dimostrare a chi viene da fuori che qui sappiamo fare questo lavoro e siamo aperti a nuove collaborazioni. Si mangia bene e si vive bene, possiamo offrire tanto e divertirci nel farlo.


In copertina: Alessandro Paci e Walter Cavatoi