Ciò che è vivo – culture tour
Nel 2015 ho intrapreso un viaggio, Ciò che è vivo – culture tour, per andare ad incontrare agricoltori che coltivavano in modo biologico, o seguendo i principi della biodinamica, che praticavano la permacultura, e che, con il loro lavoro, svolgevano un ruolo importante nel mantenimento della fertilità della terra, della biodiversità, e della sovranità alimentare, dando forma a paesaggi vivi e vegeti.
Da artista, mi sono rivolta all’agricoltura quale forma primaria di cultura nella quale rintracciare alcuni principi utili a ripensare l’interrelazione dell’uomo con l’ambiente, a partire dalla terra. Mi riferisco a pratiche di agricoltura non industriale, che non sono solo tecniche di coltivazione, ma visioni del mondo, e modalità di progettare secondo le logiche della vita. Buone pratiche che hanno l’obiettivo di mantenere l’equilibrio ecosistemico, e i cui fondamenti, oggi più che mai, possono essere utili ad elaborare quella consapevolezza ambientale necessaria a progettare un futuro ecologicamente sostenibile.

In quel periodo a Milano stava per inaugurare Expo 2015 “Nutrire il pianeta. Energie per la vita”. L’intento era anche quello di muovermi in direzione contraria alle logiche accentratrici e sistemiche di quella manifestazione, andando ad incontrare direttamente sul territorio piccole realtà agricole che, a partire dalla terra, conducono e producono un’altra economia, e un altro immaginario. Esempi virtuosi di un abitare in equilibrio con l’ambiente, ed espressione di un cambiamento già in atto, che il mio viaggio voleva testimoniare e valorizzare, andando a tracciare le linee di una comunità diffusa di pensatori eco-critici. È stato un viaggio in Italia per esplorare la bellezza di paesaggi coltivati con cura, e conoscere la sua comunità resistente.
Portavo con me una installazione da posizionare per un giorno sui loro terreni, lettere di legno che andavano a comporre la frase “Ciò che è vivo ha bisogno di ciò che è vivo.” Queste parole, pronunciate da Gianni Catellani, che conobbi quando era direttore della Fondazione le Madri (che promuove la diffusione delle discipline antroposofiche in agricoltura), sono una sintesi della visione organica dell’agricoltura biodinamica, di cui ho voluto farmi portavoce.

Sono partita in aprile dall’Emilia Romagna, dove vivevo, per scendere lungo la costa adriatica fino in Puglia e risalire dalla costa tirrenica, per poi proseguire a nord, verso le Alpi.
Il viaggio ha coinvolto 31 tappe, tra le quali villaggi ecologici, Comuni, fondazioni e associazioni culturali nate da aziende agricole o che portano avanti un discorso in sintonia con i principi di questo progetto, come Pollinaria in Abruzzo, la Fondazione Baruchello di Roma (ex-agricola Cornelia), e il PAV, Parco d’Arte Vivente di Torino.
Ad ognuno ho chiesto ospitalità, per poter proseguire il giorno dopo verso la meta successiva, e la disponibilità a raccontarmi la propria esperienza. Mi hanno accolto persone sapienti, intellettuali pratici, agricoltori, permacultori, apicultori, antroposofi, artisti, custodi di terre e conoscenze, che si dedicano alla terra con intensità proprie e un sentire comune: il voler stare bene.

La prima tappa è stata l’Azienda Agricola Biodinamica Al di là del fiume, nel Parco storico di Monte Sole a Marzabotto in provincia di Bologna. Un luogo di Resistenza e memoria, dal quale ho voluto iniziare questo tour.
Sono stata accolta da Danila, anima del progetto, che ai tempi era appena avviato. Mi ha raccontato la storia di una scelta importante, quella di cambiare lavoro e dare una svolta alla propria vita, per accogliere una sfida, che era soprattutto una sfida del cuore. Acquistare i terreni che un tempo erano stati lavorati dal nonno e poi dal padre del marito e, insieme, continuare a prendersene cura, per “far riscoprire i sapori antichi ai nostri figli.”
In sette anni, e 27 ettari, hanno ripiantato le vigne di un tempo, e avviato nuove coltivazioni, trovando una continuità tra passato, presente e futuro. Ad affiancare la produzione di vini vi sono gli ortaggi per l’Osteria, uno spazio che permette un momento di incontro con gli altri, e con i sensi, e che per Danila esprime la necessità di prendersi cura dell’uomo nella sua totalità, assieme alla terra e al cielo. Portando avanti un percorso di ricerca di armonia ed equilibrio tra tutte le cose, per far star bene le persone.

Altre tappe in Emilia Romagna sono state il Podere Santa Croce di Argelato, in provincia di Bologna, e il caro amico Alberto Grosoli, la Fondazione Le Madri di Rolo, in provincia di Reggio Emilia, l’Associazione Nuova Terra Viva a Ferrara, e il villaggio ecologico di Granara, sull’Appennino parmense.
Quest’ultimo è un villaggio ecologico nato alla fine degli anni ’80 sulla scia dei tentativi di costituzione di comuni libertarie, recuperando un vecchio borgo con tecniche di bioedilizia e autocostruzione, ed arrivando nel tempo ad una piena autonomia energetica. È un luogo che unisce arte ed ecologia, con progetti integrati per connettere fra loro attività di produzione agricola biologica, educazione ambientale, ospitalità, e attività di ricerca e formazione artistica, attraverso laboratori e residenze.
“Volevamo creare un posto in cui fare arte fosse più facile. Ci siamo riusciti quando abbiamo issato un tendone da circo in mezzo ai boschi, e incredibilmente la gente è venuta.” Così, dai primi anni Duemila, è stato avviato un Festival di teatro e arti varie, il Granara Festival, che ha attirato nel tempo molte persone tra le colline della Val di Taro. Ed è stato attivato anche un suggestivo spazio espositivo per l’arte contemporanea, il MAGra, Museo d’Arte di Granara, sito in una piccolissima cappella religiosa in mezzo ai campi.
L’Associazione Nuova Terraviva di Ferrara, invece, si trova in città, dove gestisce un’area comunale di quattro ettari secondo i principi della Biodinamica. Si tratta di un parco pubblico agricolo, una porzione di campagna urbana entro le mura, dove si può passeggiare ma anche partecipare agli orti condivisi e a progetti educativi basati su attività agricole e artistiche. Il parco ospita anche una piantumazione di frutti antichi, un apiario che produce miele biologico e un cosmogramma arboreo per passeggiate meditative.


La Fondazione Le Madri è un centro di Antroposofia e agricoltura biodinamica, dove negli anni ho seguito corsi di approfondimento, e dove ho conosciuto Fabio Fioravanti, persona con cui ho conversato diverse volte, e che ha dato un gran contributo a questo progetto, scrivendo anche alcuni testi. Quando sono passata a posizionare le “parole” di Gianni Catellani, che nel tempo ci aveva lasciati, Fabio teneva un corso sulle erbe spontanee utilizzate in biodinamica, valeriana, achillea, ortica, e sui loro effetti benefici per la terra e per l’uomo. L’ortica è una pianta affine al sangue, ricca di clorofilla, che chimicamente è simile al sangue, “dovrebbe crescere vicino al cuore dell’essere umano.” (Rudolf Steiner).
Qui ho imparato anche a realizzare le cromatografie circolari, una forma di analisi qualitativa dei terreni usata dagli agricoltori biodinamici per “verificare” e visualizzare la vitalità e lo stato di salute dei suoli. La cromatografia è un metodo chimico, inventato da Friedlieb Ferdinand Runge e poi elaborato dallo scienziato antroposofo Ehrenfried Pfeiffer su indicazioni del suo maestro Rudolf Steiner (il padre fondatore dell’antroposofia e dell’agricoltura biodinamica), con cui creare disegni a partire da una sostanza.
Le immagini che si ottengono sono un’espressione visibile della relazione tra sostanza organica, minerali e attività biologica, e della struttura del terreno, e possono essere lette secondo parametri estetici quali bellezza, armonia dei colori e vitalità delle forme, come per le opere d’arte. Durante il viaggio ho prelevato un campione di ogni terreno e ne ho realizzato un’immagine cromatografica.

A metà maggio sono arrivata al Podere Santa Croce, ad Argelato, nelle pianure fuori Bologna. Con Andrea Cenacchi ci conosciamo ormai dal 2009, quando andai a vedere la prima azienda biodinamica e a prendere dello sterco di mucca per fare il cornoletame – un concime concentrato che si prepara in agricoltura biodinamica per fertilizzare i terreni – per una performance artistica al Museo della Civiltà Contadina di San Marino di Bentivoglio. La sua è un’azienda che rispecchia a pieno i principi dell’azienda biodinamica, è a ciclo chiuso, un organismo autosufficiente composto da diversi “organi”, i terreni coltivati, il bosco, i prati, il bestiame, il mulino, e il ristorante.
Dall’alto ha creato un disegno che si vede bene da Google Maps. Collabora inoltre con il Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna, per campi catalogo e campi sperimentali di colture quali, ad esempio, una consociazione di canapa e mais. A seguito di questo viaggio, sempre nel 2015, quando il lavoro è stato elaborato durante una residenza d’artista al MACRO di Roma, Andrea è stato protagonista di una performance. È venuto a Roma con una pianta di canapa sativa presa dal suo campo, e l’ha portata al museo, raccontando la sua esperienza di coltivatore, e offrendo una tisana di quest’erba ai presenti.

Infine Alberto, al quale dedico questo viaggio, ora che è appena tornato alla terra. Alberto Grosoli è stata una delle persone che più di ogni altra mi ha stimolato, senza saperlo, nel pensare a questo progetto. Contadino radicale, pioniere dell’agricoltura biologica in Italia, e testimone attivo dei primi movimenti ecologisti, praticava agricultura, e coltivava con un’attenzione per il paesaggio. Un uomo sapiente, con le mani nella terra, che univa conoscenze di agronomia, biodinamica, permacultura, cosmologia, storia locale. Parlare con lui significava ascoltarlo per ore in racconti che andavano dall’importanza del letame, dell’humus e dei lombrichi, ai tempi ciclici della natura, dagli scritti degli agronomi romani Varrone e Columella, e del modenese Alfonso Draghetti, alle sue esperienze negli ecovillaggi europei.
Ed è ascoltandolo parlare che ho capito quanta cultura ci può essere dietro la coltivazione di un pezzo di terra, e che molte persone come lui stavano facendo la stessa cosa in varie zone d’Italia. Il terreno di Alberto è stato l’ultima tappa del mio viaggio. Lì la frase è rimasta esposta qualche giorno alla vista di coloro che percorrevano la pista pedonale e ciclabile che circonda, alta sull’argine, i suoi campi in provincia di Modena, a Collegara, sulle sponde del Panaro.
Da lì si poteva ammirare la bellezza del suo paesaggio, un ambiente agricolo diversificato e composto da bosco, vigna, prato stabile e seminativo arborato, ovvero spazi coltivati intervallati da filari di alberi da frutta, e siepi, che diventano tane e luoghi di frequentazione animale. Dopo poco arrivarono anche Radha e Flora, due vitelline di bianca modenese, a chiudere il cerchio.
“Una azienda agricola è un sistema vivente di relazioni e funzioni ecologiche tra diversi generi e specie, vegetali ed animali, con una propria energia rigenerativa, da mantenere in equilibrio.”
È dall’aver incontrato persone come Fabio Fioravanti, Andrea Cenacchi e Alberto Grosoli che ho sentito il desiderio di andare a conoscerne altre. E così sono partita per questo viaggio. Un lungo percorso di incontri sorprendenti, per raccontare una cultura della terra come bene comune.

In copertina: Emanuela Ascari, “Cromatografia circolare”

About Author / Emanuela Ascari
Vive tra Torino e Întorsura Buzăului (Romania). Nel suo lavoro indaga il territorio cercando forme di un pensiero ecologico a partire dalla terra e dall’interazione dell’uomo con l’ambiente. Ha esposto in Italia e all’estero, ricevendo numerosi riconoscimenti.