Memorie dallo zuccherificio
Lo spunto per questo articolo ci viene da una mostra intitolata Intertempo, dedicata ad un momento preciso nella storia dello Zuccherificio di Classe, nei pressi di Ravenna. Si apre così un percorso che intendiamo sviluppare nei prossimi mesi, dedicato ai luoghi dismessi e abbandonati, in molti casi testimoni di un fiorente passato industriale, che oggi acquistano nuove potenzialità e nuovi significati.
Le rovine alimentano il senso della storia dell’umanità sia essa vista come progresso o percepita come decadenza.
(Vito Teti, Il senso dei luoghi, 2004, 2014 Donzelli editore)

Gli archeologi del futuro
Storie preziose si nascondono, a volte, tra i calcinacci di un’area dismessa, nelle viuzze di un borgo abbandonato, nello scheletro di un vecchio edificio industriale, invaso dalle erbacce.
La regione Emilia-Romagna è ricca di stabilimenti dismessi, luoghi fatiscenti, transitori, pieni di fascino. Alcune di queste aree hanno già vissuto completamente il loro destino di abbandono, e solo gli archeologi del futuro potranno cercarvi (e trovarvi, forse) tracce di vita, frammenti del passato. Altre sono in attesa di essere demolite o “recuperate”, altre ancora hanno subìto trasformazionI radicali, facendo spazio a progetti di riqualificazione urbana, ed è molto difficile scorgervi un qualche segno di ciò che sono state, un messaggio, o anche solo una suggestione. Ma ognuno di questi luoghi, se prestiamo attenzione, ci può raccontare le sue memorie, il suo vissuto.



Scenografie da day after
Un interessante censimento del patrimonio storico industriale in Emilia-Romagna è disponibile nella Banca Dati dell’Archeologia Industriale sul sito dell’Istituto Beni Culturali. A volte queste aree industriali abbandonate riprendono vita come location di set cinematografici, come ambientazioni di degrado o post apocalittiche, scenografie da day after. Nell’elenco delle tante location catalogate dall’Emilia Romagna Film Commission, che propone ogni sorta di ambiente, paesaggio, edificio come potenziale set per riprese cinematografiche o documentaristiche, compaiono oltre trenta siti catalogati come aree dismesse. E l’elenco continuerà ad arricchirsi in futuro.


Un capitolo particolare
Nella storia economica e sociale della nostra regione quello degli zuccherifici è un capitolo particolare. Per più di un secolo la coltivazione della barbabietola e l’industria saccarifera hanno rappresentato una risorsa di grande valore per l’Emilia-Romagna, la regione d’Italia che più ha investito e beneficiato dalla coltivazione della barbabietola da zucchero, seguita a ruota dal Veneto.
Durante il periodo di massimo sviluppo dell’industria saccarifera in tutta l’Emilia Romagna si arrivarono ad avere in funzione 35 zuccherifici, la maggior parte dei quali si trovava tra le province di Ferrara, Bologna e Ravenna. Di tutti questi, a fine 2015, a seguito di una lunga crisi del settore, ne risultano in funzione solo tre.

Lo Zuccherificio di Classe
Il complesso dello Zuccherificio di Classe fu edificato fra il 1899 e il 1900, a poca distanza dalla Basilica di Sant’Apollinare in Classe. Il suo impianto originario (la cui struttura è rimasta ancora oggi) era costituito da grandi edifici in mattoni, con grandi finestre laterali e frontali, allineati alla ferrovia che collegava Ravenna a Rimini.
Il lavoro di raccolta delle barbabietole e dell’estrazione dello zucchero si concentrava nei mesi estivi, principalmente in agosto. In quei periodi di fervente attività lo zuccherificio impiegava centinaia di operai, ed era il polo attorno a cui ruotava la vita economica e sociale del territorio.


Un ricordo prezioso
Come racconta Barbara Fantini, originaria di Classe:
“Lo zuccherificio era un grosso centro di raccolta delle barbabietole. Durante l’estate le strade del paese si coprivano di terra persa dai camion che giravano continuamente per tutto il periodo della raccolta. Le barbabietole venivano trasportate allo zuccherificio per essere lavorate e produrre lo zucchero.
Quando iniziava la lavorazione delle barbabietole l’acqua reflua veniva riversata in alcuni stagni artificiali di fronte allo zuccherificio chiamati in paese “bacini”, che erano per me bambina come una piccola giungla circondata da salici. Il materiale di scarto nello zuccherificio produceva un odore forte e sgradevole che era parte del volgere delle stagioni. Ogni anno in quel periodo, per alcune settimane, faceva parte del territorio. Era un odore forte, praticamente un fermentato, non paragonabile a quello acido e fastidioso delle porcilaie che a quel tempo erano abbastanza diffuse in quella zona, ma non a Classe.
I bacini per tutto l’anno erano anche un punto di ritrovo per i ragazzi che ci andavano a giocare e si incontravano. Era un posto pericoloso per i bambini, per questo ci piaceva andare. Avevamo il divieto di fare il bagno perché erano praticamente delle sabbie mobili più che un laghetto. Era pieno di uccelli, insetti e animaletti che non vedo più da anni, e ciò mi dispiace molto. Dopo la chiusura dello zuccherificio i bacini sono stati ricoperti di terra. Ora c’è un parcheggio e vari edifici, proprio di fronte all’ingresso del museo.
Lo zuccherificio era molto importante oltre che per i lavoratori anche per gli studenti delle superiori di agraria e per quelli universitari di chimica perché assumeva molte persone per la stagione dello zucchero. Durava qualche mese ed essendo un lavoro stagionale e continuativo (giorno e notte) era molto ben pagato e aiutava molto gli studenti.
Quando ero bambina la visione meravigliosa della Basilica di Classe e l’odore della melassa fermentata stridevano nella mia testa e non capivo come potessero fare una puzza così davanti a un monumento così bello. Ancora oggi mi torna in mente quel pensiero. Dopo ho studiato agraria alle superiori, e ho capito.”



Cogliere l’attimo
La chiusura definitiva dell’impianto avvenne nel 1982, quando l’area venne dismessa e gli stabilimenti abbandonati. A metà degli anni ’90 il Comune di Ravenna acquisisce l’intero complesso per destinarlo a museo. I lavori hanno inizio solo nel 2002: vengono interrate le grandi vasche esterne per la lavorazione della barbabietola, la ciminiera viene definitivamente abbattuta. Poco prima dell’inizio dei lavori un progetto di Maurizia Pasi e del Comune di Ravenna si pone l’obiettivo di documentare lo stato dello stabilimento prima della riqualificazione, prima che le strutture e i macchinari vengano cancellati, o trasformati. Ne nasce la mostra chiamata Intertempo, con le fotografie di Marco Mensa, esposta all’Urban Center di Ravenna nel 2007.
Gli ambienti dello zuccherificio sono colti nel momento di passaggio dalla vocazione di sito di archeologia industriale alla futura trasformazione in museo archeologico. E qui sta il grande valore documentario della fotografia, il prezioso “fare memoria”, qualità intrinseca di ogni immagine fotografica. È la fotografia che ci permette di vedere oggi i resti di quello che era, le rovine di quel passato industriale, che non esistono più. Le immagini fermano quell’istante cristallizzato in cui tutti gli oggetti e gli spazi dedicati al lavoro quotidiano dello zuccherificio sembrano sospesi, in attesa di ciò che verrà.

Intertempo
Si può pensare a Intertempo come ad un tempo di confine tra passato e futuro. Se ci si avvicina un poco, se si osserva e si ascolta attentamente, forse è possibile immaginare quei macchinari ancora in funzione, percepire l’odore dolciastro degli scarti delle barbabietole, sentire le voci degli operai, i suoni dello stabilimento, l’andirivieni dei camion nel piazzale, le urla dei ragazzi che giocano attorno alle grandi vasche melmose.
Porte socchiuse, ambienti che erano popolati e ora sono percorsi dal vento, finestre sospinte verso la luce. Sembra di scorgere il lento insinuarsi della natura mentre si riappropria di quegli oggetti, che lentamente si sgretolano, e che da manufatti dell’uomo tornano ad essere foglie, ruggine, terra. Se è vero che l’autunno è la stagione dell’anima, come suggeriva Nietzsche, anche nel passaggio di questi oggetti verso l’oblio definitivo, nella loro stagione autunnale, possiamo trovare una risonanza interiore. Possiamo intravedere la bellezza di ciò che è incompiuto, irregolare, impermanente, e trarne spunto per intrecciare dei fili, per raccontare le storie del passato, o per inventarne di nuove.



Classis
L’edificio dell’Ex-Zuccherificio di Classe, completamente ristrutturato, ospita oggi Classis Ravenna – Museo della Città e del Territorio, una grande area espositiva di circa 2600 mq, dedicata alla storia della città di Ravenna. Inaugurato nel 2018, il museo espone reperti provenienti dal vicino Parco Archeologico di Classe. Dentro gli ambienti rinnovati dell’ex zuccherificio trova spazio anche un centro di eccellenza internazionale per il restauro e la conservazione dei mosaici antichi.
In copertina: L’Ex-Zuccherificio di Classe prima della riqualificazione, all’inizio degli anni 2000. Foto di Marco Mensa.
Tutte le immagini che corredano questo articolo, ad eccezione della foto storica dello Zuccherificio di Classe, sono tratte dalla mostra Intertempo, a cura di Maurizia Pasi e del Comune di Ravenna, foto di Marco Mensa.
About Author / Elisa Mereghetti
Regista documentarista, è tra i fondatori di Ethnos.