“Io vado nei luoghi e annuso le situazioni, mi lascio guidare dagli sguardi, dalle coincidenze, dagli incontri casuali… E trovo storie buone, luoghi intensi…”

COSEsalve è un diario per immagini e voci di quello che è successo e ancora succede, in Emilia, dopo il terremoto. È una riflessione sulle cose che ci circondano. Cose materiali, abitudini o forme di pensiero che si accumulano e sedimentano nel corso della vita, alla luce di una scelta che sembrava poter essere solo una fatalità remota: salvarle o perderle per sempre.

Le immagini dirette e unite alle parole, come guida del profondo, sono cifra essenziale, chiave che apre all’invisibile che ancora alberga nell’intimo delle persone

Concordia (MO). Il silenzio nella zona rossa.

Maggio 2012: il terremoto

Coinvolta in prima persona nel sisma del maggio 2012, pochi mesi dopo ho deciso che la telecamera sarebbe stata lo scudo con il quale avrei percorso, in punta di piedi, il cratere. Da Carpi a San Felice, da Mirandola agli artigiani volontari del Trentino, a Cavezzo, a Novi di Modena… Da sola avrei trovato nuovi riferimenti dei profili cambiati dei paesaggi, avrei scambiato parole e ascoltato storie per avvantaggiarmi degli effetti balsamici per la paura, lo sconcerto di fronte a qualcosa di imponderabile.

Ho cercato di unire documento e sentimento raccontando microstorie di famiglie e di singoli, emozioni e memorie.

Dopo la secca estate sopraggiunse rapido l’autunno. Quando a novembre presentai il primo montaggio a Modena al ViaEmiliadocfest, decisi di continuare a girare nel cratere per salvare a mia volta un patrimonio immateriale che di lì a breve il tempo avrebbe cancellato; questo era parte delle motivazioni che mi accompagnarono nei tre anni successivi.

Novi di Modena. Gli oggetti antichi di Davide trovano riparo nella farmacia pericolante.

Tramutare la rabbia in forza

Sono occorsi tanti chilometri e tanti mesi per ascoltare il tramutare della rabbia in forza, della disperazione in speranza, e far emergere la dimensione interiore trasformata, scossa, ma capace di reagire e di vincere la paura. Aspetti che ho incontrato nei cantieri delle demolizioni, nelle persone intente a ricostruire le proprie case e le proprie relazioni.

Il primo inverno fu freddo, nevoso, buio; avaro di sole e calore, esteriore e interiore, rendendo la fatica ancor più pesante, l’atmosfera ancor più greve. Il gran da fare, le speranze di fine estate, sostenute dalla solidarietà si infrangono presto; i moduli abitativi non saranno temporanei ma alloggi per anni; palese uno stato di abbandono, rabbia e sconforto per i muri della burocrazia. La routine quotidiana frammentata; le cose più semplici come asciugare un bucato sarebbe stato ancora per molto tempo ostacolo alla serenità.

Cavezzo (MO) - Mattoni caduti riutilizzati per la copertura dei tetti

Buffi cappelli

Piccoli paesi come bocche sdentate.

Arrivare in una frazione mai attraversata prima, spopolata di persone e attività era come entrare in una bocca sdentata. Tutto immobile, vie deserte. Passeggiare lentamente nel silenzio e accorgersi solo dopo che ciò che apparentemente sembrava normale, in realtà nascondeva l’imminente demolizione. Così dei buffi ‘cappelli’ che ancora oggi hanno in cima le case, furono fantasiose coperture di plastica tenute da cavi d’acciaio, perché il vento non li portasse via, e l’acqua non filtrasse dai tetti.

Ancora oggi quando incrocio per strada quella macchia rosso carminio, l’automezzo dei pompieri, istintivamente torno alle strade ovattate di Rovereto sul Secchia. Era come una lenta processione quella dei vicini che si avvicinavano ai marciapiedi tutt’intorno, a guardare la mastodontica mascella meccanica dei vigili del fuoco che sgretolava grondaie e muri portanti, scoprendo le intimità delle stanze piene di cose non salvate. 

Gli automezzi dei vigili del fuoco a Rovereto sulla Secchia (MO)

I proprietari erano quelli con le palpebre gonfie, ma molti non riuscivano a trattenere la commozione. ‘Ho preso un giorno di ferie per venire al funerale della mia casa.’ mi disse Clara, in un pomeriggio gelido mentre il marito a testa bassa sul marciapiede di fronte, rientrava nel modulo prefabbricato. Difficile assistere al commiato di una vita di cui solo le persone, quei muri e quella polvere che si alzava dalle macerie, erano testimoni. Il terremoto non finiva più, le ferite sono più profonde delle crepe. Così Rovereto era la più colpita, irriconoscibile; oggi ne porta ancora i segni.

Davide ha lasciato Novi di Modena, come mi disse sei anni fa tra gli oggetti di antiquariato raccolti nella farmacia di famiglia da demolire. Ci siamo rivisti un anno fa, in un paese della Romagna dove ha ricominciato la sua vita.

Dieci anni dopo

Il 2022 sarà il decennale del sisma. La cosiddetta pandemia sembra aver cancellato il coraggio, la fiducia, la speranza che ho incontrato, che ho visto negli occhi e nelle mani di tante persone e di tanti volontari. Oggi nel ripensare a quei giorni non riconosco il popolo italiano; come se l’Anima di questo popolo si fosse ritirata lasciando il posto alla paura.

Sono tante le storie non confluite in COSEsalve; è tempo che escano dal buio delle memorie e si ricongiungano al presente per ricordarci chi siamo. 

Questo è ciò che può fare il documentario, luce.

Rovereto sulla Secchia (MO) - I vigili del fuoco abbattono la casa di Clara.
Medolla (MO) - L’albero genealogico salvato dai pompieri

COSEsalve

una produzione di Alberta Pellacani e Vivo film (2015)

prodotto da: Alberta Pellacani, Marta Donzelli e Gregorio Paonessa

con il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, Regione Emilia-Romagna

in collaborazione con ARCI Modena e Unione Circoli Cinematografici ARCI – UCCA

Con il patrocinio di Unione delle Terre d’argine

In copertina: Concordia (MO). Chiesa del centro storico.