Interviste doppie a protagonist* del mondo del documentario in Emilia-Romagna.

Regole: 5 domande poste separatamente a due persone che hanno ruoli simili, da cui nasce un confronto a distanza. Partiamo con due produttrici e imprenditrici, Serena Gramizzi e Ilaria Malagutti, entrambe approdate a Bologna ai tempi dell’università e da qualche anno anche ‘co-workers’ nella sede comune di Bo Film e Mammut Film, le loro società.

Quale è stato il tuo percorso per arrivare a fare la produttrice, e quali le esperienze più importanti per diventare quello che sei?

Serena: Durante gli studi al DAMS di Bologna, ho lavorato in set indipendenti e organizzato due festival di cinema per diversi anni; ciò mi ha permesso di incontrare professionisti con cui collaboro ancora oggi, tra questi il regista Antonio Martino. In quegli anni ho poi lavorato con Alberto Grifi, cui devo il mio spirito critico e analitico su temi sociali. Una volta intrapreso il lavoro di produttrice, fondamentali sono state le esperienze formative internazionali in cui sono stata selezionata: Eurodoc, Balkan Discoveries, EWA ed EAVE Puenies Italia. Nel 2013 ho fondato la casa di produzione Bo Film.

Ilaria: Sono diplomata in ragioneria e laureata all’università di Bologna in Scienze della Comunicazione con una tesi sulla contaminazione uomo macchina nel cinema, poi ho fatto a Roma l’EMAM – European Master in Audiovisual Management. Durante l’università ho frequentato qualche corso pratico di cinema e iniziato a fare le prime esperienze su set di corti e pubblicità; la prima vera esperienza lavorativa è stata sul set di Fortezza Bastiani di Michele Mellara e Alessandro Rossi, che poi mi ha messo in contatto con il mondo della produzione romana. Per diversi anni ho lavorato, a Roma, sui set di film e fiction, ma da sempre con Michele e Alessandro aspiravamo a creare qualcosa di nostro, così nel 2005 è nata la Mammut film, fondata con Francesco Merini e Michele Cogo. Un altro incontro fortunato è stato quello con Carlo Cresto Dina e tempesta, con cui collaboro dal 2011, cosa che mi permette di poter lavorare sul doppio binario: la fiction con tempesta, che ha prodotto tra gli altri i film di Alice Rohrwacher e Leonardo di Costanzo e tanti esordi al femminile, e il documentario con la mia società.

Locandine di tre produzioni Mammut Film: "Vivere, che rischio" di Michele Mellara e Alessandro Rossi, "Kemp" di Edoardo Gabbriellini, "La macchia di inchiostro" di Ciro Valerio Gatto

Il tuo lavoro ha le radici in Emilia-Romagna ma comporta collaborazioni e rapporti con altri territori e Paesi. Dal tuo osservatorio, quali sono i principali punti di forza e di debolezza della produzione audiovisiva nella nostra regione?

Serena: I punti di forza della nostra regione per chi viene da fuori sono la grande varietà di location e la quantità di professionisti preparati. Un valore non secondario è l’avere istituzioni e responsabili dei fondi a sostegno del cinema di grande competenza e disponibilità. Inoltre fondamentale è la rete di collaborazione che negli anni si è creata tra società di produzione che invece di essere in competizione, sono spesso collaborative le une con le altre. I principali punti di debolezza sono forse gli stessi che si vedono in contesti nazionali ed internazionali, ovvero l’aumento di attenzione per prodotti più commerciali che culturali.

Ilaria: Il nostro territorio ha un enorme potenziale creativo e produttivo. I punti di forza sono sicuramente la resilienza e l’approccio cooperativo e collaborativo tra le realtà del territorio. Dico resilienza perché molti di noi, in passato, hanno continuato ad operare sul territorio anche in assenza o con limitati supporti da parte della nostra Regione. Ora ovviamente le cose sono cambiate e con il supporto del Film Fund possiamo contare su quell’importantissimo ‘primo tassello’ produttivo che ci permette poi di partire all’attacco del mercato nazionale ed internazionale. Un mio grande desiderio è quello di non dover più andare a Roma per completare alcune lavorazioni sui nostri progetti, soprattutto in post-produzione, in particolare per la lavorazione del suono e dell’immagine. E qui mi ricollego ai punti di debolezza. Non sempre sul territorio regionale ci sono laboratori e studi in grado di completare lavorazioni di post-produzione. Non mancano il personale e le competenze, ma mancano le strutture. L’Emilia-Romagna ha tanti talenti creativi e deve continuare a nutrirli ad ogni livello della filiera.

Yakub, protagonista della nuova produzione Bo Film di Zimmerfrei

Qual è il rapporto della tua casa di produzione con il territorio, sia dal punto di vista dei temi trattati sia delle relazioni?

Serena: Bo Film ha un rapporto costante con il territorio emiliano-romagnolo. Alcuni lavori sono ambientati in regione per raccontare il mondo; altri sono ambientati altrove ma nascono da idee e collaborazioni con autori e professionisti di qua, che competono sul mercato internazionale. Inoltre molto fruttuosa è la collaborazione con altre case di produzione del territorio, con le quali il confronto e lo scambio sono continui.

Ilaria:  Il nostro rapporto con il territorio è molto stretto sia dal punto di vista narrativo sia dal punto di vista delle relazioni produttive e lavorative. Molti dei nostri lavori partono dal territorio, con storie e personaggi emiliano-romagnoli, per poi svilupparli in un’ottica internazionale ed universale. Basti pensare a La Febbre del fare che racconta la storia politica e amministrativa di Bologna dal dopoguerra al 1980, o Vivere che rischio, che riscopre la figura di Cesare Maltoni, pioniere nella prevenzione oncologica. O ancora L’Orchestra, che racconta l’ultima tournée dell’Orchestra Mozart con Claudio Abbado. Per quanto riguarda la filiera, cerchiamo il più possibile di tenere tutto in Emilia-Romagna. Abbiamo collaboratori di lungo corso con i quali lavoriamo stabilmente; quasi tutti i nostri documentari sono quindi pensati, sviluppati e prodotti in collaborazione con talenti e maestranze locali, dalla produzione alla post-produzione. Infine, da qualche anno dividiamo l’ufficio con altre due realtà del territorio, Kinè e BoFilm. Non è solo una condivisione di spazi, ma anche un continuo scambio sia creativo, che produttivo e amministrativo/burocratico. Questo è molto stimolante per me.

Cesare Maltoni, oncologo, in un'immagine tratta da "Vivere, che rischio" di Michele Mellara e Alessandro Rossi, produzione Mammut Film

Quali sono state le collaborazioni più interessanti e proficue che hai avuto al di fuori del territorio regionale?

Serena: Quasi tutte le produzioni Bo Film sono co-produzioni internazionali. Le collaborazioni più proficue sono state probabilmente Un paese di Calabria di Shu Aiello e Catherine Catella (co-produzione italo-franco-svizzera, sostenuta da molti enti internazionali, tra i quali Eurimages) e Almost nothing di Anna de Manincor / ZimmerFrei (co-produzione italo-franco-belga, sostenuta dai diversi ministeri dei paesi produttori e co-prodotto da France Télévisions).

Ilaria:  In diverse occasioni ci siamo trovati a collaborare con il team torinese di Zenit; con loro abbiamo post-prodotto due dei nostri documentari: God save the Green e I’m in love with my car, di Mellara e Rossi, entrambi montati da Marco Duretti. Stiamo collaborando in questi ultimi anni con diverse società europee come partner minoritari di film di finzione; in particolare abbiamo stretto un rapporto molto proficuo con la società bulgara Agitprog e con i francesi di Lardux film con i quali stiamo già parlando di future collaborazioni su nostri progetti.

Backstage della nuova produzione Bo Film di Zimmerfrei, dal titolo provvisorio "Yakub & Tea & Filmon"

Qual è l’ultimo lavoro che hai concluso, e quale la prossima avventura?

Serena: L’ultimo lavoro concluso è Family affair per la regia di Anna de Manincor | ZimmerFrei. È uno ‘staged documentary’, un ritratto collettivo di una miriade di famiglie diverse, frutto di cinque anni di incontri con 218 persone in tutto il mondo, prodotto grazie al sostegno della Regione Emilia-Romagna. Le prossime avventure sono tante e diverse: un corto d’animazione, un paio di documentari in co-produzione internazionale, un progetto seriale in sviluppo.

Ilaria: L’ultimo lavoro concluso è il documentario La Macchia d’inchiostro, che abbiamo coprodotto con Ethnos, un originale ritratto di Roberto Roversi scritto da un gruppo di under 35 e diretto da Ciro Valerio Gatto. Prossimi lavori… tanti: un nuovo documentario di Mellara e Rossi sul turismo di massa; Catane, un film di finzione in coproduzione minoritaria con la Romania, esordio di una giovane regista rumena; Ichicomori, opera prima di finzione di Carlotta Piccinini; il documentario Azzorre, dell’esordiente marchigiana Cecilia Giampaoli; un nuovo lavoro con Paolo Fresu sul Time in Jazz di Berchidda…

Premiazione di Almost Nothing di Zimmerfrei a Visions du réel, 2018, Nyon (Svizzera)

In copertina: Serena Gramizzi e Ilaria Malagutti.